Quinta e ultima puntata
4. Il duello
- Chi cazzo sei? - domandò il Bello a Franco.
- La giustizia - rispose quello.
Il Bello ghignò.
- La giustizia non esiste. Esistono solo queste - disse mostrando la pistola. - Ma se sono scariche nemmeno queste comandano, e allora ci si deve mettere d’accordo...
Franco non rispose. Cercava di decifrare la situazione. Perché quegli uomini si trovavano lì? Probabilmente erano volgari ladri, si disse. Perché Rovelli era legato alla sedia? Probabilmente volevano sequestrarlo, per il riscatto. Girava sempre tutto attorno allo schifosissimo denaro, pensò. Poi posò gli occhi su Rita e i loro sguardi finalmente s’incrociarono. Ti porterò via di qui, parve dirle quello di Franco. Ce ne andremo in America e vivremo felici, parve dirgli quello di Rita.
- Tu prendi lei - riprese il Bello indicando Rita - e io lui - indicando Rovelli.
Franco rifletté rapidamente su quella proposta. Il padrone sarebbe rimasto vittima di un criminale comune, e non della giustizia degli oppressi. Non era certo quello l’atto rivoluzionario che aveva in mente, pensò. Ma doveva fare buon viso a cattivo gioco. Se voleva salvare la vita di Rita, e la propria, doveva accettare.
- D’accordo - disse, e rinfoderò la pistola.
Il Bello ghignò, e con gesto fulmineo caricò la propria.
Franco reagì troppo tardi. Fece appena in tempo a caricare anch’egli, poi udì lo sparo e si ritrovò colpito a morte.
Rita urlò, Rovelli rimase impassibile, il Bello allargò il ghigno.
Sanguinante, Franco si accasciò sul letto, tra le braccia della donna che amava e che non avrebbe salvato, né portato in America, né reso una rivoluzionaria.
- Franco! - gridò Rita disperata, stringendolo a sé. - Non lasciarmi, ti prego! Non lasciarmi!
Una cosa, però, poteva ancora farla, pensò Franco, e fu l’ultima che fece. Poi morì.
Rita gridò ancora, fino a perdere la voce. Poi fu solo un pianto dirotto.
- Che scena commovente, vero? - disse il Bello a Rovelli.
Fu a quel punto che Rovelli, di colpo redivivo, tornò a parlare.
- Se mi lasci qui, ti darò tutto quello che vuoi - disse al brigante con voce ferma, sicura. Persino il suo volto pareva aver ritrovato un po’ di colore. - Soldi, gioielli. Qui dentro c’è una fortuna: puoi portare via tutto.
Il Bello lo guardava come si guarda uno scarafaggio sulla parete.
- E puoi prenderti pure lei - proseguì Rovelli indicando Rita con sdegno. - Portala via, divertiti, facci quello che vuoi. Di lei a me non frega niente, è solo una donna. Mi ha portato sventura e basta, levamela dai piedi, non voglio vederla mai più.
Il Bello, a quel punto, scoppiò a ridergli in faccia.
- Sei proprio un imbecille - disse. - Cosa credi? Non funziona mica così. Non hai più nessun potere di fare proposte. Adesso il padrone, qui, non sei più tu, ma io. Non hai visto? È questa che comanda - indicando la pistola. - Io ne ho in mano una, e tu no. Tutto qui.
Rovelli tornò a impallidire.
- La roba che c’è qui dentro me la prendo lo stesso - proseguì il Bello. - Lei pure, me la prendo ora, mi levo la voglia e poi l’ammazzo: non voglio certo zavorre, specie se menano gramo. E poi mi prendo anche te. Il tuo riscatto vale sicuramente più di tutto quello che c’è in questa baracca. E alla tua famiglia converrà pagare, o ti ritroverà scannato sul ciglio di qualche strada. Sono stato chiaro?
Scoraggiato, Rovelli non provò nemmeno a ribattere, limitandosi ad accasciarsi nuovamente sulla sedia.
Il Bello ghignò soddisfatto.
- E adesso goditi lo spettacolo - disse. - Stai a vedere come si fotte una troia.
Il Bello s’avviò verso il letto, puntando su Rita gli occhi spiritati, iniettati di sangue.
Lei, frattanto, aveva smesso di piangere. Giaceva sul letto inerte, come un sacco vuoto.
Fu solo quando il Bello montò sopra di lei a braghe calate che Rita si rianimò. Afferrò la pistola che sotto il lenzuolo le aveva passato Franco e sparò. Il colpo sbudellò il brigante, uccidendolo all’istante.
Anche Rovelli, a quel punto, si rianimò improvvisamente.
- Bravissima! - disse esultante.
Rita si levò di dosso il cadavere del Bello e scese dal letto. La pistola in mano, avanzò lentamente verso Rovelli.
Nella continua altalena di emozioni contrastanti che era diventata improvvisamente la sua vita, Rovelli si ritrovò a impallidire ancora una volta.
- Non ce l’avrai mica per quello che ho detto poco fa, vero? - balbettò. - Lo dicevo solo per salvarmi. Mi salvavo io e poi avrei salvato anche te... Avrei mandato le guardie a cercarti dappertutto...
Il volto ridotto a una maschera di sangue e ghiaccio, Rita continuò ad avanzare impassibile senza nemmeno degnarlo di una risposta. Quando arrivò al suo cospetto, lo guardò dall’alto in basso. Era la prima volta che accadeva, tra la donna e l’uomo, tra l’operaia e il padrone.
- Ti darò tutti i gioielli che ho, ti darò tutto quello che vuoi... - implorò Rovelli, la voce rotta dal pianto. - Diventerai ricca. Così ricca che non dovrai nemmeno più venirci, in fabbrica.
- Nella tua fabbrica di merda non tornerò comunque - rispose lei. E poi gli sparò in mezzo agli occhi.
Epilogo. La prova
Rita buttò a terra la pistola e si guardò attorno. Quella camera era un macello, un mondo fatto solo di cadaveri e sangue. Il viatico per la sua nuova vita, evidentemente, doveva essere quell’eccidio, si disse scoprendosi tutt’a un tratto fatalista. Poi guardò fuori. La luce della luna stava per lasciare il posto a quella dell’alba. Aveva poco tempo. Doveva agire in fretta.
Si avvicinò al letto e gettò sul pavimento, con noncuranza, il cadavere del brigante. Poi, con delicatezza, depose anche quello dell’uomo che aveva amato, riservandogli un’ultima carezza. Dopodiché afferrò il lenzuolo, ormai più rosso che bianco, e lo tolse dal letto. Con quello in mano, aprì la portafinestra, uscì sul balcone e lo appese alla balaustra. Quella gente avrebbe avuto il suo maledetto lenzuolo macchiato di sangue, pensò. L’ultimo.
Poi rientrò, andò a lavarsi, si rivestì e lasciò per sempre quella camera desolata e quel castello freddo come la morte. Raggiunse i cavalli, ancora attaccati alla cinta muraria, ne montò uno e lo frustò, urlandogli di correre il più velocemente possibile. L’appuntamento con i compagni che l’avrebbero imbarcata sulla nave per l’America era fissato all’alba, giù in città. E lei non poteva mancarlo.
Attraversando il bosco, ripensò al viaggio in carrozza della sera prima, così carico di paura e di angoscia. Laddove aveva visto lupi, però, ora vedeva solo tronchi d’albero. Dopo quella notte, la paura e l’angoscia, in lei, avevano per sempre lasciato il posto al coraggio e alla fermezza. Era una donna, adesso. Era una rivoluzionaria. E nessuno le avrebbe più messo i piedi in testa.
Un’ora dopo, all’alba, due contadini diretti ai loro campi si trovarono a passare per primi sotto il castello. Gettarono lo sguardo oltre la cinta muraria, verso il balcone della camera da letto, in cerca della prova.
- Il lenzuolo è rosso - disse uno.
- Così ha da essere - disse l’altro.
Grande Rita!
Bellissimo!