Il contatore delle scopate (3)
Una storia che sa di riconoscimento facciale e sessuofobia
Terza e ultima puntata
Inevitabile arrivò, a quel punto di degenerazione, la stretta liberticida. Nella culla del capitalismo e del “se puoi venderlo, fallo”, la nostra app, a un anno dalla sua immissione sul mercato e dopo aver generato una valanga di profitti, fu dichiarata fuori legge, senza che fosse chiaro, di preciso, quale legge avesse davvero violato.
I miei capi provarono a resistere, impugnarono la norma, ma non ebbero fortuna e persero davanti a qualunque giudice, compreso quello dell’ultimo grado, il quale, dopo essere rimasto invischiato in uno scandalo per via di una certa sua foto inquadrata dalla nostra app quando ancora era legale, fu ben felice di rigettare in via definitiva il loro ricorso.
L’app scomparve da tutti i canali di vendita, anche se naturalmente rimasero in piedi quelli illegali, dove poteva essere comprata a peso d’oro. In ogni caso, chi venisse sorpreso a usarla, o anche solo ad averla installata sul proprio smartphone, rischiava il carcere. Dopo i primi arresti e le prime condanne, la gente capì che l’autorità faceva sul serio e quasi tutti rinunciarono al rischio di finire in galera per la mera curiosità di sapere quanto aveva scopato la moglie, o l’amante, o il politico, o il cantante.
L’unica a scegliere di rischiare, continuando a far funzionare il contatore pirata, fu, manco a dirlo, la criminalità organizzata. Ed essendo solo i criminali ad avere accesso all’app, molto caro diventò rivolgersi a essi per smascherare chi per qualunque ragione volesse nascondere la frequenza della propria attività sessuale. Un singolo responso del contatore poteva costare cifre da capogiro. Fiorì una nuova attività criminale, che muoveva palate di denaro.
Tuttavia, per gli Al Capone del nuovo proibizionismo, che anziché smazzare alcol contavano le scopate, si presentò ben presto un grosso problema: l’obsolescenza programmata del prodotto. Senza aggiornamenti, l’app divenne ben presto instabile e mal funzionante, fino a inchiodarsi del tutto. Gli algoritmi sui quali era impostata erano così complessi che non esistevano programmatori al mondo in grado di metterci mano con efficacia.
Tranne uno.
Io.
Durante l’anno in cui l’app era stata commercializzata legalmente, grazie agli aumenti di stipendio e ai premi che avevo ottenuto in quantità crescenti, avevo fatto un bel po’ di soldi. Ma nulla, davvero nulla, in confronto ai miei capi. La cosa, va da sé, mi aveva urtato parecchio. Io avevo sgobbato per creare il prodotto, e loro si erano intascati il grosso degli enormi profitti ricavati dal suo commercio. E quindi, a un certo punto, prevedendo la futura messa al bando del contatore, avevo iniziato a rilasciare di nascosto, con gli aggiornamenti, anche i bug che col tempo avrebbero reso inservibile l’app, a patto di non procedere con nuovi aggiornamenti, che solo io sarei stato in grado di rilasciare. A quel punto mi sarei ripreso quello che mi spettava, e con gli interessi.
Così, quando l’app era stata dichiarata illegale, avevo esultato. Quando avevo appreso della nuova attività criminale basata sulle sue versioni pirata, pure. E quando l’obsolescenza mise fuori gioco anche i criminali, potei entrare finalmente in scena. Mi licenziai dall’azienda e, se così si può dire, mi misi in proprio.
Non dovetti brigare molto per far sapere al sottobosco della potenziale clientela che, grazie al mio lavoro, l’app poteva tornare a funzionare. Cominciai a ricevere presto una quantità esorbitante di richieste, per lo più da pesci piccoli. Aspettai che il mio mercato crescesse, fino a quando alla mia porta si presentarono direttamente loro, i criminali di grosso calibro che avevano gestito l’affare fino a quando l’obsolescenza del contatore non li aveva tagliati fuori.
A tutti esponevo il mio prezzo. Un prezzo folle. Qualcuno, con fare minaccioso, provò a opporsi, nel tentativo di estorcere il mio operato a cifre più contenute, o addirittura gratis. Non mi feci intimorire, ovviamente. Senza di me, l’affare, semplicemente, scompariva. Dovettero fare buon viso a cattivo gioco. Diventarono tutti miei clienti, a peso d’oro.
Oggi l’intera industria criminale del ricatto dipende da me, come il drogato dalla dose. Gli rilascio aggiornamenti che diventano obsoleti nel giro di pochi mesi, così che poi devono bussare di nuovo alla mia porta, e di me non potranno mai sbarazzarsi. Il contatore, oltre che la mia macchina per fare soldi, è la mia assicurazione sulla vita.
Nemmeno con la legge ho noie. Nessun criminale che lavori con la mia app ne ha. Perché tutti - amministratori, poliziotti, magistrati e giudici - hanno qualcosa da nascondere in fatto di abitudini sessuali; tutti sanno di poter finire inquadrati; tutti sanno che il contatore può dare il suo responso su di loro, e fotterli per sempre. La mia polizza si chiama ipocrisia.
Sono diventato molto ricco, ovviamente. Ricco sfondato. E non sono più uno sfigato segaiolo. Mi sono messo con una bellezza mozzafiato. Sta con me per i soldi, è chiaro. Quando m’inquadra con l’app e vede che il contatore segna più delle scopate che ci siamo fatti l’ultima settimana, alza le spalle e sorride: non gliene frega niente. Mi vuole anche bene, a suo modo, ma la mia fedeltà non le interessa, le interessa il mio denaro. Anche lei con la mia app ne aveva fatto parecchio. Ma poi, quando il contatore era stato messo fuori legge, i soldi avevano smesso di entrarle in tasca in quelle quantità. Faceva uno dei pochi mestieri, in questa società, capaci di rendere chi lo svolge immune dall’ipocrisia sessuofobica. Faceva la puttana.
Nota
Il racconto che avete appena letto è stato ritrovato nel computer di Anthony Langella, il programmatore informatico protagonista della vicenda.
Dopo la sua morte, avvenuta per mano di un fanatico religioso, la criminalità organizzata non è stata più in grado di aggiornare il contatore delle scopate, che alla fine è uscito di scena, probabilmente per sempre.
Nessuno può più sapere quanto scopa la gente, e la vita è tornata a scorrere serenamente.
Alcuni anni dopo aver ammazzato Langella, l’omicida ha dichiarato dal carcere di non aver agito da solo, ma su mandato di gente molto potente. Poi è stato ritrovato impiccato nella sua cella.