Il contatore delle scopate (1)
Una storia che sa di riconoscimento facciale e sessuofobia
Prima puntata di tre
A fare più soldi di tutti, per un certo periodo, furono le puttane, perché nessuno voleva apparire in pubblico come uno sfigato segaiolo. E quando smisero di farli le puttane, iniziai io. Che ero sempre stato uno sfigato segaiolo.
Ero, e in qualche modo lo sono ancora, un programmatore informatico, specializzato nella creazione di app per smartphone. Sono sempre stato un asso, nel mio lavoro. Prima che scoppiasse tutto il casino, lavoravo per una grossa azienda high tech, nel settore ricerca e sviluppo di app ad alto contenuto innovativo. App che potessero rendere soldi. Un sacco di soldi. I capi mi lasciavano grande libertà di manovra e io li ripagavo puntualmente con almeno due applicazioni l’anno capaci di riscuotere sempre grande successo commerciale.
Fu quando il mercato subì una forte contrazione, al mio quinto anno di lavoro lì dentro, che vennero a chiedermi di fare ancora di più, per evitare di essere travolti dalla crisi e rischiare la chiusura, se non dell’intera azienda, per lo meno del ramo in cui lavoravo io. Fu allora che iniziai a pensare al sesso.
Ne ero assolutamente convinto: la vera “killer application”, quella che avrebbe sbaragliato il mercato e riempito di soldi le tasche del fortunato proprietario, non poteva che essere legata al sesso. Mi misi a pensare a fondo, ma non funzionava: tutte le idee che mi venivano portavano allo sviluppo di prodotti che senz’altro avrebbero violato qualche legge.
L’idea vincente mi venne una sera d’estate in birreria, dove io e un mio collega, programmatore anche lui e sfigato segaiolo quanto me, e pure più brutto, ce ne stavamo davanti a due boccali di rossa, a fissare una coppia al tavolo vicino. Lei era bionda, bellissima, e lui, con quella sua aria da playboy strafottente, semplicemente ai nostri antipodi.
Crepavamo entrambi d’invidia. L’ultima volta che avevamo fatto sesso si perdeva nella nebbia dei nostri ricordi. Il mio collega con una puttana, l’ultimo dell’anno. Io con Linda, un anno e mezzo prima, pochi giorni prima che mi lasciasse dicendo che, fra gli altri difetti che avevo, a letto facevo pena.
A un certo punto buttai lì un commento, tanto per girare il coltello nella piaga: dissi al mio collega che, se fossi stato al posto del playboy, una così me la sarei scopata almeno tre volte al giorno. E aggiunsi che probabilmente lo faceva. Il mio collega rispose di no, che non era così. Mi disse di conoscere bene un amico del fratello della bionda, e di aver appreso da quel tizio che il playboy dava solo a intenderla, ma poi a letto timbrava il cartellino poco e male. Era stata la bionda stessa a confessarlo a suo fratello, poi il fratello all’amico e l’amico al mio collega.
Ribattei che era di sicuro una voce infondata: era impossibile che uno così non scopasse all’impazzata. Ma il mio collega giurò che le cose stavano davvero a quel modo, e che, quanto più il playboy si vantava con gli amici di fare faville tra le lenzuola - perché questo sbandierava ai quattro venti - tanto meno ne faceva.
Preso da quell’argomento e come sempre contento di poter fantasticare sulle vite degli altri in modo da poter dimenticare lo squallore della mia, rilanciai facendo notare che no, non si poteva concludere che le cose stessero per forza così, ovvero che lui non facesse faville fra le lenzuola in generale. Semplicemente, ammesso che la voce fosse fondata, non ne faceva con la bionda. Ma magari questo succedeva perché si dava da fare anche con qualcun'altra.
Il mio collega ci rifletté sopra qualche istante, poi ammise che in effetti le cose potevano pure stare così. Nessuno poteva saperlo, aggiunse, né gli amici del playboy, né la bionda. E poi buttò lì la frase che avrebbe cambiato per sempre la mia vita. “Pensa che sconvolgimenti”, mi disse divertito, “se si potesse leggere in faccia a una persona quante volte ha scopato la settimana prima”.
Io sgranai gli occhi e lo guardai fisso per un lungo istante. Poi, di scatto, mi alzai dal tavolo e, senza salutarlo né pagare la mia birra, rimasta per metà nel boccale, mi precipitai a casa, al computer. Avevo avuto l’idea che, di lì a poco, avrebbe sconvolto il mondo.
Le tecnologie per il riconoscimento facciale avevano già preso piede da tempo, ed erano ormai mature. Mi confrontai con alcuni sviluppatori dell’azienda ed ebbi la conferma che la cosa era fattibile: inquadrando il volto di una persona, era possibile non soltanto riconoscerla nei suoi lineamenti, ma anche nelle sue emozioni. Capire se provava rabbia, gioia, inquietudine, serenità, e così via. Breve era il passo da lì alla concretizzazione della mia idea: riconoscere, dall’espressione del volto, se quella persona aveva fatto sesso o meno nell’ultimo periodo.
Ottenni dai miei capi, che avevano fiutato l’affare, la possibilità di dedicarmi totalmente al progetto. Per un anno, io e i due sviluppatori che mi avevano assegnato non facemmo altro, perfezionando di continuo il prototipo.
Nelle sue prime versioni, talvolta faceva cilecca. Facevamo le prove su noi stessi. Nel mio caso, il responso non sempre era negativo: il prototipo m’inquadrava e sentenziava che avevo scopato. I due sviluppatori mi guardavano interrogativi e io gli dicevo che no, si sbagliava, bisognava ancora lavorarci sopra.
Un giorno, dopo un mese filato di test andati benissimo, proprio quando eravamo ormai convinti che quella prima versione fosse pronta, il prototipo sentenziò nuovamente che avevo fatto sesso. I due sviluppatori, sapendo ormai di avere di fronte uno che non scopava mai, reagirono sconfortati, ma io li guardai sorridente: la sera prima, spiegai, ero andato a puttane di proposito. Il prototipo funzionava.
La tappa successiva fu passare da un semplice meccanismo di riconoscimento del tipo sì/no a un vero e proprio contatore, in grado di quantificare le scopate più recenti, fino all’intera settimana precedente. Fu un lavoro massacrante e per riuscirci dovemmo ricorrere all’abilità di due professionisti di altissimo profilo: un ingegnere specializzato nell’interazione uomo-macchina e uno psicologo esperto di mimica facciale, appositamente assoldati a caro prezzo dall’azienda.
Il problema più grosso fu dato dai grandi numeri. Ci accorgemmo che, fino a quando si rimaneva entro le cinque scopate a settimana, il contatore funzionava e contava bene. Ma poi s’inceppava. Quando l’unico membro del team che aveva una relazione stabile, e poteva quindi scopare con relativa comodità (ed economicità), sottopose per prova la compagna a un ritmo di sette, otto scopate a settimana, ci accorgemmo che il contatore rimaneva sempre bloccato sul cinque. Era come se, oltre una certa quantità di scopate, il volto umano non sapesse più segnalare gli effetti benefici che scopare portava. Naturalmente non era così, ma era necessario aumentare la potenza di calcolo del software per arrivare a leggere ogni sfumatura del volto, ogni millimetro quadrato di pelle, ogni minima piega in grado di segnare la differenza tra la quinta scopata e le successive.
I risultati, alla fine, arrivarono. Il test finale prevedeva di chiedere al contatore d’investigare cinque volti diversi, i nostri, dovendo riconoscere un numero di scopate ogni volta diverso, e sempre a doppia cifra. Usammo i fondi del progetto per assoldare una puttana a testa, incluso quello di noi che aveva una compagna, perché ormai lei era troppo esausta per sostenere anche quella prova. Il contatore segnò undici scopate per il primo volto, dodici per il secondo, tredici per il terzo, quattordici per il quarto e quindici per il quinto, che ero io e avevo scopato di più in quella settimana che negli ultimi due anni. Non ne sbagliò una. Il mostro, come lo ribattezzammo, era pronto.
Fine della prima puntata
La seconda verrà pubblicata il 15 gennaio 2022
Forte 😃 sono curioso di leggere come va a finire 😃
Divertente...aspettiamo impazienti la seconda puntata