Il contatore delle scopate (2)
Una storia che sa di riconoscimento facciale e sessuofobia
Seconda puntata di tre
L’app si diffuse subito come un contagio. Dopo un mese, il fatturato da essa generato superava da solo tutti gli altri ricavi aziendali messi assieme. Gli effetti sul piano sociale non tardarono a manifestarsi.
Vennero terremotate innanzitutto le relazioni coniugali. Le mogli scoprivano che i mariti avevano fatto sesso più di quanto si fosse scopato tra le mura domestiche, e viceversa. Il coniuge rientrava a casa la sera e la prima cosa che l’altro faceva non era salutarlo o baciarlo, ma inquadrarlo con la nostra app. I due si erano carnalmente congiunti un’unica volta, quella comandata del fine settimana, eppure il contatore sentenziava tre, quattro, cinque scopate. E scoppiavano le liti. Fino alle separazioni. Che si moltiplicarono esponenzialmente. Le relazioni stabili iniziarono paurosamente a diminuire, lasciando intravvedere l’affermarsi di una futura società di single dediti solo al sesso occasionale.
Ma l’effetto non si limitò a questo. La sessuofobia imperante e ipocrita devastò le relazioni sociali in molti altri modi.
La categoria più piagata fu quella degli ecclesiastici. Il culmine fu raggiunto quando un alto prelato, mentre si scagliava dal pulpito contro gli uomini e le donne di culto che con tanta facilità violavano il precetto dell’astinenza, fu inquadrato con la nostra app da un giornalista, facendo segnare sul contatore il numero tre, che in tal caso non rimandava alla trinità, ma a qualcosa di molto più terreno. La sua testa, come quella di molti altri uomini e donne del clero, cadde impietosamente. Fino a che il Papa in persona dovette intervenire per annunciare l’abolizione della castità per preti e suore, pena la scomparsa di una categoria già duramente segnata dalle crisi di vocazione.
Nelle scuole e nelle università fu il caos: gli studenti inquadravano i professori con la nostra app e poi postavano gli esiti sui social network; che i docenti avessero scopato tanto o poco, le loro lezioni divennero comunque insostenibili. E così accadeva in qualunque altro tipo di relazione non paritaria, nei contesti lavorativi di qualunque realtà pubblica o privata: credibilità che crollavano, gogne che si serravano al collo di chiunque svolgesse mansioni dirigenziali. Amministrazioni che iniziavano a inchiodarsi, aziende che perdevano quote di mercato. D’altra parte, nemmeno i sottoposti se la passavano bene. Il giorno dell’esame ti presentavi davanti al professore col contatore a sette scopate? Non avevi studiato: bocciato. Il giorno del rientro al lavoro dopo una settimana d’influenza le scopate conteggiate erano otto? Non eri stato male davvero: licenziato.
Ma i vizi privati potevano anche trasformarsi in pubbliche virtù. Sul web nacque e prosperò un sito che teneva il conto preciso e puntuale di quanto scopavano i personaggi pubblici. C’era una classifica generale, e tante altre divise per categoria: attori, cantanti, sportivi, politici, e così via. In tal caso, essere in cima faceva guadagnare la stima del grande pubblico; essere nelle retrovie, invece, lo scherno e il disprezzo riservato in genere ai segaioli. Centinaia di carriere furono rovinate, centinaia di altre ebbero invece improvvise impennate. Il successo arrideva a chi più faceva sesso, e non tardarono ad arrivare i primi trionfi elettorali chiaramente condizionati dal numero di scopate conteggiate dalla nostra app.
Fu a questo punto della storia che la prostituzione ebbe una clamorosa impennata. Essere un forte scopatore voleva dire successo, e le puttane erano il fornitore più accessibile della materia prima. La loro diventò rapidamente una categoria potente e rispettata, finalmente capace di scrollarsi di dosso i magnaccia e prendere la via di una completa, e redditizia, autogestione. Puttana smise di suonare come un insulto.
Ma chi di scopata trionfava, di scopata poteva pure perire. Quando, dopo un grave attentato terroristico, il Presidente si presentò davanti alla nazione per il suo discorso di circostanza e i contatori della nostra app fecero segnare un numero sbalorditivo di scopate a suo carico, la cosa parve ai più assolutamente fuori luogo, irrispettosa e sconveniente. E lui, che aveva vinto le elezioni per averlo infilato in ogni buco a più non posso, fu costretto a dimettersi per lo stesso motivo.
Fu allora che, gettando benzina sul fuoco, rilasciammo un aggiornamento dell’applicazione che ne potenziava enormemente le capacità: da quel momento sarebbe stato possibile conoscere il numero delle scopate non solo inquadrando un volto dal vivo, ma anche in una semplice fotografia che avesse un minimo di definizione. Fu come lo tsunami dopo un terremoto.
Ogni foto, a quel punto, poteva rivelare il suo carico di scopate, e quindi essere compromettente. Ad esempio quella del marito in missione di lavoro, che era rimasto lontano da casa per una settimana, ma aveva scopato quattro volte. O della moglie in vacanza con l’amica, fotografata sulla spiaggia: alle spalle, oltre al mare, anche la bellezza di sette scopate. O di entrambi il giorno del matrimonio: cinque scopate lui, tre lei, e i conti che non tornavano. O quella della figlia che, quando l’avevano immortalata alla festa per i suoi sedici anni, era fresca di ben quattro scopate, affatto vergine come paparino e mammina credevano ciecamente. Le famiglie, e ogni altro tipo di relazione, implosero ulteriormente.
Quella che era stata la società dell’immagine vide scomparire presto dalla scena ciò che prima era quanto di più fotografato ci fosse: i volti.
A collassare per primi furono i social network. Migliaia e migliaia di profili furono di colpo cancellati dai rispettivi titolari, timorosi di rivelare inconfessabili segreti dietro ai loro sorrisi. Poi iniziarono ad avere problemi i fotografi di professione, che alla lunga sparirono dalla circolazione. Infine collassò ogni tipo di media che catturava la propria audience a colpi di smorfie. Nessuno più era disposto a farsi scattare una fotografia, tranne le puttane e i pornodivi.
Iniziarono a prosperare, invece, i commercianti di occhiali da sole, sciarpe e berretti, perché la loro presenza rendeva più difficile la lettura del volto da parte della nostra app. Ma continuammo a rilasciarne versioni sempre più sofisticate e alla fine gli unici che riuscivano ancora a fare soldi erano i venditori di maschere e passamontagna, i soli indumenti rimasti in grado di proteggere dal nostro contatore: fu carnevale ogni giorno, e freddo anche d’estate, in pianura.
Guadagnarono molto terreno, a quel punto, i movimenti di liberazione sessuale. Se non si poteva più nascondere nulla, sostenevano i loro leader, tanto valeva fottersene di ogni perbenismo. E fottere ogni simile. Scopare a più non posso. Senza timore di rivelarlo.
La faccenda si fece politica. I benpensanti iniziarono ad arrancare e alle elezioni, adesso, vincevano i nuovi figli dei fiori, in un revival dell’estate dell’amore che, ai tempi delle seghe compulsive davanti a YouPorn, nessuno avrebbe mai potuto immaginare.
Il culmine fu raggiunto quando uno dei leader si filmò inquadrando con la nostra app Gesù in croce, in un dipinto dove l’artista aveva ritratto il Messia con grande realismo: il contatore segnò quattro scopate a suo carico. Chi gridò alla blasfemia, chi invece, e furono i più, alla liberazione da ogni ipocrisia: se anche Gesù scopava, e lo aveva fatto persino nella sua ultima, drammatica settimana di vita, allora tutti potevano scopare senza sensi di colpa né dissimulazioni.
Scopare liberamente non era più una vergogna, né tanto meno un peccato. E anche se lo era, nessuno se ne fregava più, dato che ormai la cosa non si poteva più nascondere. Nessun peccato che si rispetti è tale, infatti, se in qualche modo non può essere celato.
Fine della seconda puntata
La terza verrà pubblicata il 22 gennaio 2022