Terza puntata di quattro
2.
Come sei
Hai ventisette anni.
Sei una rockstar. Con la tua voce stridula e la tua chitarra mancina hai dato al punk rock una dimensione nuova. Ibrida. Sudiciamente pop. Grunge. Hai venduto milioni di dischi e sei famoso in tutto il mondo. Sei già entrato nella storia della musica. E sei nauseato. Tutto questo successo ti fa ribrezzo. Ti fa sentire in colpa. Ti ha svuotato. Solo quando ti fai d’eroina riesci a sopportarne il peso.
Ti senti vecchio e stanco. Non hai più voglia d’imparare. L’entusiasmo è sparito. L’energia che ti spingeva a cercare per chilometri e settimane qualunque cosa fosse nuova e diversa; l’interesse per le personalità insolite che ti iniziavano alla musica; per i libri oscuri che assorbivi dentro di te come una spugna: tutto perduto. Sacrificato sull’altare della celebrità e del denaro.
Sei da qualche parte in Europa. Germania, forse. Monaco di Baviera, forse. L’ennesimo tour, l’ennesimo concerto. L’ennesima finzione. Sei nel backstage, in disparte. Non scambi una parola né con Krist, il bassista di sempre, né con Dave, il batterista definitivo, trovato dopo averne scartati tanti. Con loro formi i Nirvana e non parli più da una vita. Non ricordi più quando è stata l’ultima conversazione che hai avuto con i tuoi compagni di band, come del resto con chiunque altro. Ormai vi siete ridotti così: senza più niente da dire. Senza obiettivi, senza aspettative.
Tra poco sul palco si accenderanno le luci e tu sentirai l’urlo dei tuoi fan. Uscirai e ti mostrerai loro indossando la consueta maschera, fingendo di essere lì per divertirli e divertirti. In realtà per te salire sul palco è ormai come timbrare il cartellino. Pura routine. Non ti dà più alcuna emozione, solo noia.
Li stai imbrogliando, tutti quanti. Loro non se lo meritano e tu non lo sopporti. Ti senti maledettamente in colpa. Vorresti solo farla finita con questo fottuto circo. Vorresti uccidere la tua stessa creatura. Perché sei convinto sia meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Come eri
Eri alla guida dello scassatissimo furgone Volkswagen che ti avevano prestato i Melvins. Tu e Krist stavate percorrendo i centottanta chilometri che separano la piccola Aberdeen dalla grande Seattle. Prima di partire, avevi controllato olio, acqua, pressione dell’aria, trasmissione, liquido della batteria, lubrificante dei freni. Non potevi permetterti che quel ferro vecchio vi lasciasse a piedi. Era in programma il vostro primo concerto nella nuova Mecca del rock alternativo. Desiderio proibito soltanto fino a qualche mese prima.
Eravate gasatissimi. Pienamente convinti delle vostre capacità. La roba che facevate era diversa e in giro non ce n’era, lo sapevate bene. Solo che a saperlo eravate soltanto voi due. In realtà, del successo in sé ve ne sbattevate i coglioni. Volevate soltanto far arrivare al pubblico il vostro messaggio musicale. Non ve ne fregava un cazzo della gente di plastica che viveva a Beverly Hills o delle pecore che pascolavano nei McDonald’s. Vi interessavano le persone vere, vive, alle prese con i loro problemi quotidiani. Come voi.
Con la vostra musica, volevate opporvi al modello del giovane sano, ricco e vincente dell’era reaganiana. Vi sentivate malati, poveri e ultimi. E vi piacevate così. Volevate dare a quelli come voi intrattenimento di qualità e al tempo stesso colpirli con la realtà. Infiltrarvi nell’ingranaggio del sistema e farlo marcire da dentro. Lanciare in quel modo, a colpi di riff di basso e chitarra, la vostra sfida all’autorità. Anche solo per rendere le cose attorno a voi un po’ meno noiose.
Quella sera ad ascoltarvi vennero tre persone. Compreso il tecnico del suono. I due spettatori, però, seguirono con molto interesse la vostra performance: veloce, violenta e rabbiosa a totale dispetto del vuoto là davanti, o forse proprio per quello. Di quei due, ti colpì la maglietta che indossavano. Sopra c’era scritto “Perdente”. Come ti sentivi tu. Come volevi essere. Con entusiasmo ed energia. Con metodo.
Al termine del concerto, i due vennero a presentarsi. Erano discografici e vi proposero un ingaggio. Facesti il sostenuto, rispondesti che ci avreste pensato, ma dentro di te eri al settimo cielo. L’etichetta si chiamava Sub Pop ed era pronta a entrare nella storia.
Come voglio che tu sia
Kurt?
Ehi, Kurt!
Lascia stare quella merda d’eroina e ascoltami bene. E per davvero, stavolta, perché l’altra non lo hai fatto per niente.
Voglio che stai in guardia.
Voglio che ti lasci alle spalle tutto quello che hai e che non ti serve a nulla.
Tutti gli stronzi che ti stanno succhiando il sangue.
Voglio che tu sia veloce.
Che non perdi nemmeno un secondo.
Voglio che te ne vai da qui, adesso.
Voglio che vivi.
Fine della terza puntata
La quarta verrà pubblicata il 1 marzo 2022