Seconda e ultima puntata
– Non potete farmi questo! Io ho dato anche il culo per voi! C'è gente che vuole farmi la pelle laggiù!
– Mai quanto qua dentro! – rise la Iena – Certi presidenti finiscono come Robespierre, quando si credono immortali.
– Presidente – aggiunse mansueto il Poeta – ti rendi conto che l'intero progetto dell'Unione rischierebbe di saltare se andasse male il referendum? Con conseguenze disastrose per tutti i popoli. Immagina il collasso economico, l'esplosione dell'inflazione e della disoccupazione. Vuoi davvero che la stabilità e il benessere raggiunti in questi anni sfumino nel giro di una consultazione elettorale?
– Non raccontatemi cazzate! – esplose il Presidente rosso in volto – Queste balle vanno bene per la stampa! So quanto voi perché è nata l'Unione: il più grande esperimento antidemocratico dal dopoguerra in avanti. Il sogno delle élite di riconquistare il potere attraverso una tecnocrazia invisibile. L'odio per gli Stati e la loro pretesa di gestire l'economia. Il desiderio di regalare le ricchezze pubbliche ai grandi gruppi finanziari con le privatizzazioni. Lo smantellamento del welfare per creare masse di miserabili indegni di vivere. Ricordate il nostro slogan, ad Harvard? Mantenere il popolo in uno stato di povertà effettuale e di ricchezza virtuale. O come amava dire la nostra Iena: inculalo e fagli credere che gli piace! Le so tutte, queste cose! Non mi fregate...
I Quattro, a quel punto, si guardarono perplessi. Poi si scambiarono un cenno d'intesa e il Poeta prese la parola.
– Va bene, l'hai voluto tu! Adesso basta giochini e parole dolci. Tra un quarto d'ora uscirai da qua e filerai diritto a casa a dare le dimissioni. E tutto andrà bene. Altrimenti... tempo due settimane e ci sarà un grave attentato nel tuo Paese, che richiederà l'intervento urgente dell'esercito dell'Unione per ristabilire l'ordine. Le funzioni di governo passeranno al Direttorio e il piano andrà avanti comunque, come stabilito. Con l'unica differenza che tu e la tua famiglia sarete sepolti sotto due metri di terra, vittime innocenti dello spietato attentato terroristico. Fine della storia.
Il Presidente pensò che si trattasse di uno scherzo e fece per ridere. Poi capì che facevano sul serio e sentì il battito cardiaco rallentare, fino a ridursi ad un'eco lontana. Non disse niente e guardò fisso la parete, perso nel vuoto. I Quattro, intanto, si alzarono per avviarsi alla porta. La riunione era conclusa.
Mettere al mondo un figlio, oggi, è una sottile forma di masochismo. Forse ci vogliamo punire per non aver fermato il mostro prima che ci ingoiasse e portasse voi a estrarre le spade. Un figlio ti guarda in faccia senza pudore. E lo scopre se è nato dalla rabbia. Lo scopre subito se dovrà portare questo fardello per sempre. Orfano di un padre che io gli racconterò essersi sacrificato per dargli un futuro. E lui inchioderà i suoi occhi ai miei e proverà solo rabbia. Del resto è proprio quello che “loro” volevano: portarci ad odiare così tanto il mondo da lasciare quell'odio nei globuli rossi dei nostri figli. È il loro modo per dimostrarsi superiori. Non era sufficiente toglierci il lavoro, seminare il terrore, umiliarci. Non era neppure sufficiente costringerci a inginocchiarci, col capo chino e gli occhi gonfi, per chiedere pietà. Volevano di più. Volevano rubarci il senso stesso dell'esistenza. Volevano che dentro di noi montasse un odio così forte da sfibrare le cellule e far marcire il sangue. Solo allora il dominio sarebbe stato completo, perché loro sarebbero rimasti gli unici a “vivere”. Ci hanno provocato, ingannato, sfregiato affinché arrivassimo a consumare noi stessi. E hanno vinto. I vostri attentati, il mio rancore, la rabbia cieca delle strade lo dimostrano. Ci hanno trasformato in esseri di odio. Anch'io lo sono diventata, ormai.
Giunta a questo punto cosa mi resta da fare? Tutto dipenderà da uno stupido tampone. Colore rosso e aiuterò un bambino a rinnegare la sua natura per riprendersi la gioia di vivere. Colore blu e condurrò fino in fondo il loro gioco, per dare scacco alla vita stessa. Rosso o blu, il destino è segnato. Come il tuo, mio perduto amore.
“Certi Presidenti finiscono come Robespierre...”. Le parole della Iena gli rimbombavano nella mente. Come Robespierre... Si massaggiò le tempie che pulsavano forte. Passò le dita sulle rughe che increspavano il viso e scese giù, fino al collo. Come Robespierre... Fanculo! Mica glielo avevano ancora segato il collo! Avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni, d'accordo. Ma non poteva finire così. Lui era ancora vivo, cazzo! E una volta passata la bufera sarebbe tornato di nuovo in sella, altroché! Strinse le labbra in un sorriso, sempre più convinto, e realizzò che uno come lui non sarebbero mai riusciti a fotterlo. Altro che Robespierre!
La ragazza rimase perplessa su quell’ultima parola, “amore”, forse ormai priva di significato. Poi lasciò cadere la penna sul foglio e ritornò in bagno.
Osservò il tampone ed ebbe un fremito. Un istante.
Poi fece un lungo sospiro e pensò a quello che doveva fare.
Un poliziotto condusse il Presidente in un androne poco illuminato, che dava su una strada secondaria. Fuori lo aspettava il collaboratore personale con due guardie del corpo. Il passo si fece rapido ed affrontò deciso il rigido freddo continentale. Il collaboratore gli andò incontro, pallidissimo. Appena gli squadrò il volto, il Presidente si sentì gelare le budella, con un presentimento tragico. Il fragile entusiasmo svanì in pochi attimi.
- Pessime notizie, Presidente.
Fissò il collaboratore, smarrito.
- Una giovane donna si è data fuoco, davanti al Parlamento, poco più di un'ora fa...
Un campanile gotico diede un primo rintocco.
- … la folla è scesa per le strade. I terroristi incitano alla lotta armata...
Secondo rintocco.
- ... il Ministro degli Interni ha ordinato l'intervento dell'esercito...
Terzo rintocco.
- ... ci sono morti e feriti...
Il quarto rintocco non lo sentì neppure.
Chiuse gli occhi e appoggiò i palmi delle mani al collo. Era freddo. Inerte. Come quello di un morto che cammina.