Prima puntata di due
“L'ipotesi del Presidente di indire un referendum popolare per approvare le misure di austerità e il patto fiscale dell'Unione sta suscitando accese polemiche. Dure parole sono giunte dai vertici del Direttorio...” Clic. La ragazza spense il televisore e si mise a giochicchiare con la scatola del test di gravidanza. “Ovulix”, un nome idiota come tanti. Sbuffò e si diresse in bagno con il tampone in mano. Finita l'operazione, non avrebbe atteso l'esito seduta sul water o davanti allo specchio. Prima di sapere, doveva scrivere una lettera. L'ultima indirizzata a lui.
Era stato convocato d'urgenza in una delle sale segrete del Palazzo del Direttorio dell’Unione. I Quattro stavano schiumando di rabbia a causa della sua proposta di referendum. Ma non aveva avuto alternativa: era con le spalle al muro e molti, nel suo Paese, ne chiedevano la testa. Terroristi per primi. Doveva prendere tempo, rallentare la corsa verso il baratro. La sua corsa. Che il Paese fosse fottuto, era chiaro. Ma lui no. Non poteva fare la stessa fine.
Un uomo armato lo condusse lungo un corridoio buio che si concluse davanti ad una porta blindata. Dietro c'erano i Quattro ad aspettarlo. Sue vecchie conoscenze e ora alla guida delle più importanti istituzioni politico–finanziarie. Ripassò a mente i loro volti e i soprannomi con cui erano soliti chiamarsi fin dai tempi di Harvard: la Valchiria, la mascolina primo ministro del Paese più popoloso dell'Unione; il Chirurgo, il freddo governatore della Banca Centrale; il Poeta, l'abile affabulatore alla guida del Direttorio; la Iena, la cinica direttrice del Fondo Monetario. E poi lui, primo ministro di un piccolo Paese dell'Unione. Il Presidente.
Caro Ivan,
questa lettera ti arriverà tramite Carlos. Non mi fido di lui, ma non posso fare altrimenti. È questo il vostro gioco: a me non è concesso decidere, solo adeguarmi.
Sono passati trentasei giorni. Li segno tutti, uno per uno, sul calendario, nell'illusione di strappare l'ultimo foglio, dopo averti sentito bussare alla porta. Ma gli unici colpi che sentirò saranno quelli dei poliziotti che verranno a prelevarmi per costringermi a rivelare il tuo nascondiglio. Ma io non parlerò. Perché nemmeno io so dove ti trovi. Meglio così? Solo perché potrò dimenticarti prima. Solo per quello.
Qualche minuto per i soliti convenevoli e poi i Quattro cominciarono l'interrogatorio. Fu il Poeta a dare inizio alle danze.
– Presidente, che ci combini? I mercati sono in subbuglio, la moneta unica è oggetto di speculazioni e rischiamo addirittura che salti l'Unione. Ti rendi conto delle conseguenze di un eventuale esito negativo del referendum?
Il Presidente sentì la fronte imperlarsi di goccioline di sudore. Si profuse in un sorriso e allargò le braccia, fatalista.
– Ho fatto ciò che dovevo, cari amici. Il patto fiscale e le norme di austerity sono decisioni così impattanti da richiedere per forza una legittimazione popolare, onde evitare...
– Stronzate! – intervenne veemente la Iena – Non te ne frega un cazzo della legittimazione popolare! Sei con le pezze al culo e cerchi solo di prendere tempo!
C'aveva messo pochi secondi, quella troia, a capire il suo gioco, pensò il Presidente sempre più sudato. Un lungo respiro e alzò lo sguardo fiero.
– Farò finta di non aver capito...
– E invece ti conviene capire bene! – sbraitò la Iena.
– Calmiamoci! – intervenne la Valchiria – Capisco che la pressione popolare possa spaventarti, ma converrai che un vero capo si vede proprio in questi momenti. O riesce a tenere i suoi e a svolgere il compito assegnatogli, o non è adatto a fare il capo.
Un epitaffio. Glielo aveva appena cucito addosso. Il Presidente si sentì stretto in una morsa. Si giocò allora la carta della reciproca convenienza.
– Un referendum vinto può essere un ottimo spot per l'Unione. Nazionalisti, comunisti, movimenti e gentaglia simile ne saranno spiazzati. Abbiamo tutto da guadagnare da una consultazione popolare. Credetemi...
– Il referendum non si deve fare – disse il Chirurgo, scandendo con lentezza meccanica le parole – Una campagna elettorale è troppo pericolosa. Non possiamo permettercelo. Il progetto deve andare avanti. Senza intoppi. Tu ormai sei compromesso. Non hai scelta. Ti devi dimettere.
Gli altri tre annuirono in silenzio. Il Presidente sbiancò, incredulo.
“Devo farlo perché è venuto il tempo di abbattere questo sistema”. Le tue ultime parole. Te ne sei andato come un animale che preferisce l'odore del sangue a quello delle lacrime. Tranquillo, non piango per te. Non più. Piango per i miserabili come me che non hanno la forza di sopportare quel sangue.
Bella la lotta armata, rivoluzionario? Bello rivendicare attentati, solo per lavare la vita con la morte? Non sai perché parlo così, non ancora. Ma lo immaginerai, tra poco. Qualcosa dentro di me potrebbe fiorire, sbocciando dalle radici dell'amore e dell'odio. Il tuo amore. Il tuo odio. Io non sono contemplata. Mai. Sono soltanto la povera vittima che tu ami e che libererai attraverso l'odio che provi verso il sistema. Sono le tue parole. Le stesse che dicevi mentre mi accarezzavi i capelli, dopo aver fatto l'amore. Ricordi? Le hai ripetute anche l'ultima volta, trentasei giorni fa. E in quel momento ho capito che non stavi parlando a me, ma a te stesso. Dovevi solo convincerti a fare il grande salto, quello del non ritorno, quello che ti proietta nell'Olimpo dei futuri eroi della rivoluzione. Alla fine la convinzione è arrivata. E, con lei, la mia solitudine.
Fine della prima puntata
La seconda verrà pubblicata il 5 luglio 2022