Le presentazioni impossibili - Niente calcio, siamo romanzieri
Una storia che sa di mari torbidi e centrocampisti sudafricani dimenticati
Ben ritrovati, care lettrici e cari lettori. Terminata la pausa estiva, inauguriamo una nuova serie di racconti intitolata “Le presentazioni impossibili”. Fatti tragicomici e sopratutto verissimi, che ci sono capitati durante i vari tour di presentazione dei nostri libri. Buon divertimento (e abbiate pietà di noi)1.
Eravamo all’inizio della storia. Primo romanzo. Anno 2010. Estate. Presentazioni se ne facevano già tante, ma ancora quasi tutte vicino casa. Monfalcone, insieme a poche altre, fece eccezione. Era una tappa dovuta. Perché a Monfalcone c’era un grande amico, un compagno, senza il quale il nostro romanzo d’esordio non avrebbe mai visto la luce, e con quello, probabilmente, nemmeno Tersite Rossi. Motivo per cui quella presentazione, così simbolica, era segnata: non poteva che essere antieroica. Ovvero un clamoroso, gigantesco, salutare flop.
Era giugno. C’erano i mondiali di calcio in Sudafrica, iniziavano proprio quel giorno. Il calcio era già uno sport posseduto da gente di merda, ma i mondiali evocavano in noi ricordi nostalgici di quando, da ragazzini, li si attendeva trepidanti e si passava un mese a fare solo una cosa: guardare le partite. Tutte. Anche quelle degli africani e dei centroamericani. Soprattutto quelle. Come Sudafrica-Messico, la partita inaugurale in programma il giorno in cui saliamo in macchina e guidiamo per quattro ore prima di giungere a destinazione, dal nostro grande amico, a presentare il nostro piccolo romanzo. Niente partite da guardare, stavolta. Siamo adulti, adesso, mica più ragazzini. Purtroppo.
Arriviamo a Monfalcone a metà pomeriggio, dopo aver guidato in piena canicola, riarsi dalla calura opprimente. Anche perché, per risparmiare, abbiamo viaggiato senza aria condizionata, versandoci sulla testa bottiglie d’acqua per rinfrescarci ed evitare di collassare. Quando vediamo il mare, ipnotizzati proprio come chi, padano uno, montanaro l’altro, il mare durante l’anno non lo vede mai, fermiamo di colpo la macchina e facciamo una cosa che lì per lì ci parve trasgressiva, ma era solo demenziale: nei pressi della zona portuale, scendiamo in spiaggia e ci buttiamo in acqua, sorpresi dal fatto di essere i soli a mollo. Avete rischiato di prendere diverse malattie, ci avrebbe spiegato poi il nostro amico, esterrefatto.
Dopo il bagno in quell’acqua torbida e brodosa, ci asciughiamo al sole e torniamo in macchina ancora più accaldati di prima. Entriamo dentro una Monfalcone deserta, che appare prossima a sciogliersi per il calore. Secondo quella che sarebbe diventata poi una nostra tradizione, prima di entrare in libreria ci fermiamo al bar, per evitare i tempi morti dell’attesa. Ed è lì che vediamo il gran gol di Lawrence Siphiwe Tshabalala, centrocampista sudafricano che dopo quella marcatura non avrebbe dato più alcuna notizia di sé al mondo. A suo modo un antieroe, pure lui.
Poco dopo ci raggiunge l’amico. Saluti, abbracci. Lui è uno con le palle. Storico di professione, ha scritto parecchia roba sulla triste vicenda dell’amianto a Monfalcone, facendo emergere dalle testimonianze degli operai l’inferno di un lavoro continuamente a contatto con la polvere d’amianto, e le grandi difficoltà a vedersi riconoscere il danno subìto. Ed è anche per quello che siamo venuti a Monfalcone: parlare a quel tipo di pubblico, cui ci sentiamo affini e vicini. L’amico ci paga da bere, poi usciamo. Il pubblico ci aspetta.
La libreria è poco distante. Entriamo ed è vuota. La presentazione, ci dice il libraio, è al piano di sopra. Ah, ecco: la gente sarà già lì, e noi in ritardo come sempre. Il piano di sopra è una piccola mansarda col soffitto bassissimo, dove il caldo è insopportabile, perché pare che anche qui si risparmi di aria condizionata... Lì qualcuno c’è. Oltre al presentatore, è presente una coppia anziana ma giovanile (la signora ha i capelli tinti di viola), la quale coppia - particolare che ci lascia ulteriormente basiti - non conosce il nostro amico né nessun altro, e pare trovarsi lì per caso.
Il presentatore, invece, è un amico del nostro amico, proveniente dal mondo sindacale. Saluti e abbracci anche con lui. Non arriva più nessuno e la presentazione comincia, come nulla fosse, come se il caldo non esistesse e come se esistesse, invece, un pubblico. Senza un motivo valido, il presentatore la tira lunga, ma la coppia anziana, alla fine, si dimostra felicissima di aver presenziato e si fa firmare l’unica copia venduta.
Abbandoniamo la libreria e la sua mansarda infernale sotto lo sguardo perplesso del libraio e andiamo a cena con l’amico e l’amico dell’amico. Ci aspetta una gran mangiata di pesce in una bettola decadente. Ed è lì, seduti su traballanti sedie di plastica attorno a un tavolo di plastica, ammantato da una tovaglia di carta bisunta, che i due ci confidano di essere, da qualche tempo, rimasti isolati, che attorno a loro è stata fatta terra bruciata per via di una brutta storia interna al sindacato, che è per quello che alla presentazione non è venuto nessuno, che gli dispiace molto per noi. E quanto più gli dispiace, tanto più ci versano da bere. Alla fine ci ritroviamo tutti e quattro sbronzi e dimentichi del flop. E felici. Anche perché, finalmente, ha smesso di fare caldo.
Nel frattempo, dalla piccola televisione della bettola arriva la notizia dello zero a zero finale tra Uruguay e Francia. Ma a noi dei mondiali di calcio, a quel punto, non importa più niente. Siamo adulti, adesso, mica più ragazzini. Per fortuna.
La pausa estiva ci ha resi più pigri e così abbiamo deciso di ridurre la periodicità di questo dispaccio a un post a settimana (salvo possibili eccezioni), anche perché molti di voi ci hanno più volte detto di non riuscire a tenere il passo dei consueti due. Se non siete d’accordo, se la cosa vi dilania e vi distrugge, se non potete vivere senza il nostro doppio post settimanale, allora scriveteci per protestare e forse torneremo sui nostri passi…