5 donne per 1 autore (anzi, 2)
L'intervista a proposito di "Chroma" (e molto altro) che ci hanno fatto "5 donne in cerca di autori"
Il 9 luglio 2022 abbiamo avuto l’opportunità di presentare il nostro “Chroma - Storie degeneri” al Festival della letteratura in riviera di Mira (VE), organizzato dal gruppo “5 donne in cerca di autori”. Vi riportiamo qui l’interessante intervista che le 5 donne in questione ci hanno fatto (in particolare, le domande sono state poste da una di loro, Anna Volpato).
5 donne: A distanza di 12 anni dal vostro primo lavoro, il romanzo d’inchiesta “È già sera, tutto è finito”, esce “Chroma” e l’attenzione non può non cadere subito sulla questione del colore, un qualcosa di elementare, che coinvolge tutte e tutti noi sin da quando siamo in fasce, e così fortemente presente già in quella che è la metà del nome del collettivo e poi nel titolo sia del libro che di ciascun racconto, nell’immagine di copertina, tra le pagine a mo’ di sipario. Come siete arrivati a questa idea o da dove siete partiti?
Tersite Rossi: Abbiamo semplicemente fatto leva sull’aspetto elementare che hai evidenziato tu: la realtà percepita non è altro che colore, luce che si fa colore, ed è per questo che i colori sono così spesso usati come simboli, ad esempio per classificare una storia dal punto di vista del genere cui appartiene. Siamo partiti da questa constatazione - banale - non per replicarne l’ovvietà, ma per ribaltarla, facendo in modo che il nero non risultasse semplicemente nero, è così via col blu, il giallo, il rosa (forse il ribaltamento più clamoroso), il rosso. Abbiamo finito in questo modo col dare vita a un arcobaleno degenere. All’apparenza bello e vivace, e poi, man mano che si legge, sempre più disturbante, come se quell’arcobaleno adornasse il disegno per il resto cupo di un bambino cattivo.
5D: E la forma che avete scelto per questo vostro arcobaleno è quella di una raccolta di racconti. Nei ringraziamenti riferite subito di questa vostra decisione di pubblicare per la prima volta, dopo quattro romanzi, una raccolta di racconti grazie a “Il dispaccio di Tersite”, ossia alla pubblicazione online da voi avviata lo scorso ottobre. Ma perché c’è una certa diffidenza editoriale, soprattutto nel nostro paese*, nei confronti di forme agili e immediate della narrativa breve? (*cfr. Carver, Poe, ma anche gli scrittori russi o cinesi dei due secoli precedenti; N.B. Calvino è uno dei pochissimi e più grandi esempi).
TR: La diffidenza, forse, non è altro che timore commerciale. Gli esempi luminosi di narrativa breve abbondano nella storia della letteratura, fin dai suoi albori (cosa sono, ad esempio, le favole di Esopo?), come pure gli esempi di autori diventati grandi pressoché solo grazie alla narrativa breve, come gli stessi Poe e Carver appunto. Quindi non può trattarsi di diffidenza sul piano qualitativo: nessuno può definire Poe e Carver autori minori solo perché scrivevano racconti e non romanzi, ma anzi si dovrebbe dire, all’opposto, che se non avessero scritto racconti non sarebbero mai diventati grandi. Oggi però casi simili non sono pensabili, specialmente in Italia. Perché? La risposta va probabilmente cercata in un’editoria maggiore che non rischia più nulla e in una critica letteraria che ormai si sta riducendo, sulla scia dei social media, alla pubblicazione di belle foto di libri brutti, e all’elogio indifferenziato che non dipende dalla qualità del testo ma dalla notorietà dell’autore. E questo è un paradosso, perché se oggi la narrativa breve può trovare uno spiraglio - e alcuni segnali in tal senso ci sono - lo deve proprio alle forme sincopate, agli spazi e ai tempi ridotti all’osso, che i social media hanno imposto. Noi dal canto nostro abbiamo deciso di rischiare, e con noi il nostro editore, perché sia noi che lui crediamo che il compito di chi scrive e di chi pubblica sia modificare la realtà e non, banalmente, replicarla.
5D: Peraltro, non si può non accennare a come, oltre che spaziare/fluire da un genere a un altro, queste storie spazino/fluiscano anche da una forma letteraria a una teatrale e, a parer mio, anche cinematografica (diano, cioè, l’impressione di essere facilmente traducibili intersemioticamente); di fatto, il “Racconto rosso” è nato per il teatro (vd. “La catena afghana”), mentre leggendo il “Racconto giallo” è stato per me immediato ritrovarmi in una sorta di “Rapina a mano armata” di Kubrick del nuovo millennio grazie al vostro sapiente/certosino uso del flashback e del cambio di prospettiva/punti di vista; per non parlare del pulp di Tarantino sfogliando le pagine del “Racconto rosa” – il quale già parla di cinema, presentandosi quindi come un metaracconto filmico – o semplicemente le felici combinazioni e mescolanze di genere dei film dei fratelli Coen…
TR: Torniamo al discorso del visibile: la realtà è colore, la realtà è visione. Da sempre noi “vediamo” le nostre storie, le loro scene, mentre le scriviamo, anzi ancora prima di scriverle. E questo ci porta a una scrittura che molti hanno definito “visiva”. Forse per questo costruire un legame con il teatro e il cinema ci è venuto piuttosto naturale. Con il teatro è avvenuto direttamente e più volte: il racconto rosso di Chroma, “La catena”, nato appunto per il teatro, è solo l’ultima delle tante incursioni che in passato le nostre storie hanno fatto sul palcoscenico, e che abbiamo fatto persino noi direttamente, come attori (con risultati senz’altro meno brillanti che come autori). Con il cinema le cose si complicano, perché i costi lievitano paurosamente, e quindi, dopo un paio di occasioni sfumate, abbiamo deciso di limitarci alle citazioni cinematografiche, come quelle rilevate da te in Chroma, che non costano nulla ma, se inserite propriamente, danno sempre un valore aggiunto a ciò che si narra.
5D: Uno scrittore a due teste (parafrasando la definizione che è stata data per l’appunto ai fratelli Coen cui prima si accennava) o un collettivo a due teste. Come funziona? Uno di voi è il regista e l’altro il filosofo? Perché, oltre a un occhio che sa ben guardare in camera, ve n’è un altro che neanche così indirettamente parla di filosofia e fa parlare alcuni grandi filosofi (vd. citazioni da Nietzsche – con cui la raccolta inizia e in un qualche modo finisce – a Cioran, così “invadente” a metà del libro, passando per Wittgenstein)…
TR: Il progetto Tersite Rossi è nato più di dieci anni fa sull'assunto che tutto tra noi dovesse essere diviso al 50%. Non si tratta soltanto del reciproco riconoscimento dell'importanza dell'altro come ideatore e scrittore, ma anche della necessità di costruire un'opera che sia pienamente “tersitesca”, senza risultare eccessivamente segnata dalle caratteristiche inevitabilmente individuali che ci contraddistinguono come singoli autori. In un romanzo tale operazione è più facile. Con un racconto diventa quasi impossibile, quindi in Chroma ci saranno racconti più legati alla mano di Marco e altri più a quella di Mattia, ma rimane comune l'ideazione del progetto, la selezione dei racconti e, soprattutto, lo spirito “politico” presente in tutta la raccolta. Pure i ruoli di “regista” e “filosofo” ce li dividiamo a metà, tanto che i tre filosofi da te citati sono presenti in racconti scritti da due mani diverse. Non chiederci, però, a chi appartengano quelle mani, perché su questo manteniamo sempre il massimo riserbo.
5D: Il viaggio è oltremodo tremendo e oscuro, la ricerca porta a una verità dolorosa come la conoscenza porta a una dolorosa solitudine, i sogni son peggio di certi incubi, la vita è una lotta tra servi e padroni. Come fare, dunque? Il “perdere con metodo”, queste parole che son da voi ripetute/ri-citate, è una/la via nuova da prendere?
TR: Per citare Montale, “non chiederci la parola” che risolva l'enigma della tragedia umana, perché possiamo dirti solo “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”. Possiamo dirti che in un gioco truccato qual è la vita all'interno del modello capitalista in cui a vincere sono bari e truffatori, perdere è davvero una questione di metodo che consente di riconoscersi per negazione. Chiaramente uno potrebbe chiedersi che senso abbia vivere se poi ad aspettarlo c'è un'inesorabile sconfitta, ma crediamo che dietro questo ragionamento si celi un errore logico, poiché esso prende in considerazione soltanto l'esito della nostra vita (successo o insuccesso) e non la vita in quanto tale, che invece può avere senso anche indipendentemente dal risultato finale. Anzi, rinviare il senso della vita a ciò che si otterrà alla fine (le mission e i target tanto cari alla lingua coloniale dei cosiddetti vincenti) significa depauperare la vita stessa, mercificarla, renderla una scatola vuota. Tutto ciò un essere umano “vivo” non può accettarlo, pena ridurre se stesso a un oggetto, come – tanto per citare la Rowling della saga di Harry Potter – lo potrebbe essere un demoniaco horcrux.
5D: Anche la parola “catena”, così come quelle elencate prima, è “sinistra” (per citarne un’altra a voi molto cara). Tuttavia, proprio come le altre, ha un’accezione anche positiva – “legame”, “relazione” – che si manifesta nell’azione, nel fare qualcosa, nonostante tutto. E questo qualcosa non è altro che una condivisione, un passaggio di informazioni, un messaggio fatto recapitare da un piccione o una poesia femminile afghana scritta sul fondo di un pacco contenente panetti di droga. E questo qualcosa avviene tra i e le più giovani personaggi di tre racconti in particolare: Martina ed Emilio (“Racconto blu”), Flavia (“Racconto giallo”), Tahira, Giovanna e Luca (“Racconto rosso”). Poesia, inoltre, è una parola greca che significa giustappunto “fare”, “creare”. La poesia, lo scrivere, la letteratura salveranno ancora il mondo? E, se così fosse, ciò accadrà solo grazie ai più giovani?
TR: La poesia non salva il mondo in quanto pianeta o struttura sociale globale, ma può renderlo più bello. E torniamo al discorso fatto prima: se badiamo esclusivamente al risultato, è evidente che la poesia non serve a una mazza. Ma se consideriamo la vita un processo e non un esito, la bellezza con cui si vive quel processo può realmente fare la differenza. È qua che la poesia, come tutte le creazioni culturali ed estetiche, assume l'importanza che il genere umano – giustamente – le ha sempre attribuito. Per quanto riguarda i giovani, lungi da noi cadere nel paralogismo “buonista” per cui i ragazzi ci salveranno semplicemente perché sono giovani e suscitano la nostra simpatia. Le nuove generazioni sono un mazzo di carte variegato, né migliore né peggiore dei precedenti. Quello che cambia rispetto al passato, invece, riguarda le forze “oscure” con cui dovranno fare i conti sempre di più: la pervasività digitale che sottrae qualsiasi spazio privato, l'autoritarismo delle democrazie “emergenziali” che ci abituano a rinunciare a un diritto in nome di un presunto bene superiore, l'inondazione informativa h24 incompatibile con l'approfondimento e la comprensione. Come si pongono e si porranno i futuri adulti di fronte a tutto ciò? Ne comprendono la portata e le implicazioni? Sono pronti a mettersi di traverso?
5D: A proposito dell’invadente Cioran di cui si è parlato in precedenza, per lui scrivere era la sua sola possibilità di salvezza, la sua unica possibilità per continuare letteralmente a vivere. Che cos’è per voi la scrittura? Perché scrivete?
TR: Ti rispondiamo citando Bukowski, che non si esprime in modo molto diverso da Cioran: “Non consiglio mai a nessuno di diventare uno scrittore, a meno che lo scrivere sia l’unica cosa che gli impedisca di impazzire. A quel punto, forse, ne vale la pena”. Al di là di queste motivazioni piuttosto estreme, per noi scrivere ha sempre significato soprattutto due cose: primo, indagare la realtà per contribuire a cambiarla; secondo, divertirci. Non sappiamo se siamo riusciti nel primo intento, di sicuro siamo riusciti nel secondo.
5D: Chroma è stato mandato in stampa due mesi fa e in così poco tempo ne son successe, di cose/di fatti. Se oggi doveste aggiungere un racconto a questa vostra raccolta, di quale colore sarebbe? E che storia degenere narrerebbe?
TR: Ma siamo poi sicuri che tutto quello che sta succedendo non si ritrovi già nei cinque racconti a colori di Chroma? I cambiamenti climatici sfruttati per permettere alla classe dominante di confermare e rafforzare il proprio potere (racconto blu), la guerra utilizzata come strumento di propaganda ideologica occidentale a scapito di chi vuole solo vivere in pace (racconto rosso), il moralismo progressista di chi si sente sempre dalla parte giusta della storia e disprezza i lavoratori traviati dalle sedicenti “fake news” (racconto giallo), il nichilismo individualista di chi ripiega nell'autocompiaciuta superiorità intellettuale della torre d'avorio (racconto nero), la mercificazione dei desideri e l'igienizzazione ipocondriaca delle passioni che inducono a privilegiare il sesso performante e digitale, a scapito di quello naturale e fisico (racconto rosa). Cos'altro?
5D: C’è già qualcosa in cantiere per i mesi a venire?
TR: Sì. Per la precisione tre lavori, tutti molto diversi l’uno dall’altro e dai nostri precedenti, a partire dai nomi in copertina. Resterà immutato invece, per tutti, l’intento di sovvertire e sabotare a mezzo penna. Non anticipiamo nient’altro.