Tersite dopo Tersite
Un’auto-intervista che sa di auto-analisi, in cui si butta lì una grossa novità
Questa intervista ce la siamo fatta in estemporanea, via e-mail, una domanda dopo l’altra, senza sapere dove saremmo andati a parare. Forse per questo è uscita così spontanea.
Tersite Rossi 1: Comincio io: che succederà a Tersite Rossi nel 2024?
Tersite Rossi 2: Succederà che si separa. Dirlo così mi pare brutto, ma non trovo altri termini... Dopo tredici anni, Tersite Rossi si separa. Uno dei due, il sottoscritto, uscirà con un romanzo tutto suo, senza nascondere timori e paure per questa prima uscita solista. E l'altro... Beh, dillo tu: e l'altro?
TR1: Prima di rispondere permettimi di dirti che si vede proprio che l’esperto di comunicazione sei tu. Butti lì subito, con finta noncuranza, l’informazione che basterebbe da sola a suggerire il titolo di un eventuale articolo melodrammatico (e quindi esagerato) su di noi: “Tersite Rossi, è finita! Divorzio nel collettivo padre della narrativa d’inchiesta”. Sarebbe uno scoop, se ci fosse un giornale interessato alla cosa (fatto di cui, in effetti, è più che lecito dubitare).
Ma veniamo alla tua domanda: l’altra metà di Tersite Rossi spero si riposerà. Gli ultimi quindici mesi sono stati intensi per la decisione di sporcarsi le mani nelle elezioni nazionali e locali e, al di là di tutte le considerazioni al riguardo, hanno lasciato il segno, nel fisico e nello spirito. Quindi, meglio rallentare il passo e prendere fiato (e magari rimanere di più con la famiglia).
Tu, invece, farai il grande salto editoriale (perché lo sai, vero, che lo farai?): raccontami dove è nato questo romanzo solista e dove ti porterà.
TR2: Beh, anche tu a comunicazione non sei male. Di fronte ai milioni di affezionati lettori che in tutto il globo a questo punto già si staranno strappando i capelli per la nostra separazione, cambi subito argomento… Non è che la politica ti ha già trasformato in una vecchia volpe?
Vengo alla tua domanda, premettendo che in questa intervista non intendo svelare nulla del romanzo che uscirà nel 2024. Il salto editoriale dici? Presumo che tu intenda il Successo Commerciale, questo sconosciuto (il Successo tout court, mi verrebbe da dire). Beh, a quanto ne so è una cosa cui ci dicono che stiamo per arrivare da almeno tredici anni… Non lo so, e sinceramente non m’interessa. Davvero. Il successo non è il motivo che mi ha spinto a scrivere da solo, figurarsi. O forse non intendevi questo con “salto editoriale”?
TR1: Anche. Insomma, inutile girarci intorno, nessuno dei due disprezzerebbe un certo riscontro commerciale. Ma non per fare i milioni (mica siamo i protagonisti di una zozzeria trap!), quanto per occupare una posizione all’interno dell’offerta editoriale. Mi spiego meglio: finché si resta di nicchia, lo spazio editoriale (e anche quello nelle librerie, sia fisiche che online) rimane prevalentemente in mano a una narrativa sciapa, che spesso si regge su un gialletto letto e riletto o sui drammi interiori - se non proprio intestinali - di qualche protagonista borghese senza sugo. Per questa ragione ti auguro (e ipotizzo) un tuo salto editoriale: il romanzo che uscirà a tuo nome nel 2024 potrà occupare quello spazio e offrire anche ai lettori non di nicchia uno sprazzo di narrativa d’inchiesta che, oggi come oggi, è tanta roba.
Comunque, se non vuoi parlare del tuo romanzo, di che parliamo? Facciamo come a scuola con gli studenti in difficoltà: argomento a piacere?
TR2: É che non so più quanto mi freghi dello spazio editoriale… Scrivere cose che si possano ritenere minimamente significative, magari utili a innescare qualche ragionamento critico, questo mi interessa. Il resto no. Se poi il mio romanzo dovesse arrivare a occupare una posizione nello spazio editoriale, bene. Altrimenti mi metterò a fare altro. Stavo pensando di darmi alla pittura, ad esempio, un mio vecchio pallino dai tempi della scuola, il mio professore di arte alle medie diceva che avevo talento… Chissà che fine ha fatto… Quel professore, intendo, non il talento.
In ogni caso, quando poco fa ho detto che non voglio parlare del mio romanzo, intendevo che non voglio anticipare né il titolo, né l’editore, né la trama. Per il resto, parliamone. Mi hai chiesto dove è nato, e io non ti ho ancora risposto... Intendevi dove è nata la decisione di scriverlo da solo o la decisione di cosa scrivere?
TR1: Entrambe. Vai! Il microfono è aperto…
TR2: Riguardo alla prima, forse non ricordi, ma quando lo scrissi (la prima stesura risale a qualche anno fa), tu eri ancora impegnato a finire le tue parti di “Gleba”, mentre io avevo già finito le mie, perché, come tutti i nostri biografi sanno, a scrivere tu sei più lento di me… Mi facesti capire che non avevi le forze, allora e chissà per quanto, per lavorare ad altri romanzi collettivi, e quindi pensai che era il momento di dedicarmi a un mio vecchio progetto: scrivere, da solo, un romanzo di puro genere.
Riguardo ai contenuti, senza dubbio è un romanzo nato in montagna, che gli amanti delle etichette attribuiranno probabilmente al filone, ultimamente assai fecondo, della cosiddetta letteratura di montagna. Io non sono un montanaro, ma in montagna ci vivo da quindici anni. Questo mio esordio da romanziere solista nasce dal disgusto per una certa realtà meschina che da troppo tempo prevale, una realtà popolata da figuri ambigui, a livello tanto politico quanto economico, che dicono di volersi battere per il futuro della montagna e al tempo stesso la distruggono, come ambiente e come cultura.
Ti dirò anche da cosa questo romanzo non nasce: sebbene, nell’essere ambientato in montagna, tocchi da vicino uno specifico argomento oggi molto attuale, quando è stato scritto attuale non lo era per niente. Lo dico perché scommetto che tutti penseranno che l’ho scritto per cavalcare l’attualità, ma non è così. E tu sarai il mio unico testimone, lo sai, vero?
TR1: Sì, testimonio che tu scrivesti il romanzo ben prima che il tema su cui è centrato diventasse oggetto di bagarre politica e di “scontri di civiltà”. E ribadisco che con la cronaca recente non ha nulla a che fare.
Detto ciò, ti faccio la domanda che ti sentirai ripetere decine di volte durante le presentazioni: cos’è rimasto, in questo tuo romanzo solista, di Tersite Rossi? E cosa c’è, invece, di solamente tuo, di originale, che non era presente nei romanzi del collettivo?
TR2: Di Tersite Rossi è rimasta la volontà di indagare il reale, per indurre il lettore a riflettere su come e perché il reale potrebbe e dovrebbe essere diverso. Insomma, per essere brevi: la narrativa militante, d’inchiesta.
Di mio, sul piano dei contenuti, c’è soprattutto l’attenzione all’elemento ambientale e naturale: rispetto a Tersite Rossi, che ha sempre tenuto la lente ben puntata sulla componente umana, questo romanzo fa perno, in modo decisivo, anche sulla componente “non umana”.
Sul piano letterario, invece, c’è senz’altro la volontà di misurarmi con gli strumenti del genere puro, stavolta non tanto per sovvertirli o addirittura rinnegarli, come sempre ha fatto Tersite Rossi, quanto, più rispettosamente diciamo, per “piegarli” e renderli funzionali alla causa della narrativa militante e d’inchiesta, ovvero l’unico modo, credo, per fare sì che il genere letterario resti vivo e significativo, senza limitarsi a essere uno stampino o peggio ancora una gabbia.
A proposito di “cosa resta del collettivo”, ci saranno altre domande cui si dovrà rispondere. Ad esempio: è una separazione definitiva o solo temporanea? E soprattutto: ci sono motivi letterari, o addirittura ideologici, che l’hanno causata? Lo chiedo a te, perché a me queste domande i pochi che prima di questa intervista conoscevano la novità le hanno già fatte…
TR1: Di definitivo ci sono solo la morte e l’odio per la Juventus. Detto ciò, non so risponderti, ma amo credere che le fasi della vita siano sempre temporanee. Anche perché quella di Tersite Rossi non la chiamerei “separazione”, ma “sospensione”. Infatti, alle spalle della stessa non c’è nessuna ragione letteraria o ideologica. Semplicemente, per me negli ultimi anni scrivere è diventato sempre più difficile, se non impossibile, per due ragioni.
In primo luogo, per una questione di tempo ed energia: da quando ho messo su famiglia - come si dice - a casa trovo ogni giorno un secondo lavoro, tanto che alla sera (momento topico della scrittura, per me) le energie mentali risultano esaurite. Mettersi al computer per scrivere quando sei svuotato significa solo perdere tempo. Non ne hai proprio voglia. E questo negli ultimi anni ha inciso parecchio.
In secondo luogo, c’è stata una diminuzione progressiva del fuoco ispirativo. Se scrivere in passato era quasi un’urgenza, oggi non lo è più. Ho cercato di pensare a cosa sia dovuto e credo che ciò derivi dalla percezione che la scrittura militante non basti più a incanalare le pulsioni "politiche". Per questo ho accettato di mettere a disposizione anima e corpo (forse più del dovuto, ma questo è un altro discorso) all’impegno politico diretto, partecipando in prima persona a due campagne elettorali e alla vita di partito, che mi ha assorbito completamente. Forse lo dovevo a una sorta di imperativo categorico innato (devi agire!), forse volevo dare continuità all’azione politica iniziata a livello locale venticinque anni fa, forse - come ti dicevo - ho ritenuto che era venuto il tempo di smettere i panni dell’intellettuale per indossare quelli del militante. Non so se ho fatto bene (le perplessità e i discorsi al riguardo sarebbero forse troppo lunghi e personali), ma di certo non potevo sottrarmi. E a farne le spese è stato proprio Tersite Rossi.
Se vogliamo leggere tutto in ottica psicanalitica, potremmo dire che famiglia e politica hanno assorbito le pulsioni necessarie per scrivere. Parlo di pulsioni perché, fin dalle origini, per me scrivere è stato un processo tanto intenso quanto salutare. E aver proiettato la mia “libido” sulla costruzione di una famiglia e sull’attivismo politico, ha esaurito la fonte indispensabile dell’atto creativo. Ma siccome, come dicevo prima, tutto è temporaneo, i figli crescono e l’attivismo politico non è per sempre, non escludo che in futuro possa tornare l’esigenza di scrivere. Anzi, a dirla tutta, un soggetto comune di Tersite Rossi c’è e c’è pure un mio soggetto strettamente personale, che mi ronza in testa da più di un anno. Ma non voglio rivelare di più per non alimentare illusioni che magari andranno disattese.
Mi sono dilungato oltre il dovuto, quindi rilancio la palla. Ma tu credi ancora che - parafrasando l’uomo di Pavana - “a romanzi si fan rivoluzioni”?
TR2: Beh, sì. Di più: credo, forse con eccesso di disillusione, che “solo” a romanzi si possan fare rivoluzioni, oggi. Mi spiego. Il motivo per cui l’orizzonte del socialismo democratico, il nostro orizzonte, opposto a quello della barbarie turbocapitalista, ormai sembra invisibile ai più, se non proprio sconosciuto o addirittura inconcepibile, secondo me è dovuto a un fatto non tanto politico quanto, prima ancora, culturale, per non dire cognitivo. Solo la capacità di riflettere e approfondire, e quindi conoscere, può creare adesioni a quella prospettiva, ma oggi la capacità di riflettere e approfondire, e quindi conoscere, è stata quasi totalmente compromessa dai cosiddetti social media, la cultura del clic e del “mi piace”, della sbornia di informazioni che offuscano la conoscenza, della quantità al posto della qualità, al punto che, come segnalano allarmati molti neuroscienziati, stiamo arrivando a un nuovo assetto cognitivo, fermo alla superficie, al qui e ora: un nuovo Homo, Insapiens per non dire Inhabilis. Homo Rincoglionitus, se mi passi la battuta, destinato a diventare servo del padrone senza nemmeno accorgersene. Un salto cognitivo all’indietro, insomma.
Dirai: e allora che c’azzeccano i romanzi, in tutto questo? C’azzeccano per tre motivi.
Primo: raccontare e ascoltare storie è ciò che, più di ogni altro aspetto, ci ha resi umani, perché è la cosa più “naturale” per gli uomini, e quindi facile: nel contesto che ti ho descritto può aiutare a veicolare messaggi che, veicolati in altro modo (giornalismo, saggistica, programmi politici), sarebbero meno efficaci e probabilmente non arriverebbero.
Secondo: scrivere e leggere storie, come segnalano i neuroscienziati, contribuisce di per sé a rafforzare proprio le capacità cognitive che la cultura del clic e del mi piace stanno minando, e quindi di per sé, oggi, sono un atto rivoluzionario, come ieri lo era occupare una fabbrica o assaltare la caserma del Moncada.
Terzo: la scrittura, per lo meno quella “à la Tersite Rossi”, non ha bisogno delle masse, come invece un partito politico, e può reggersi su numeri molto più bassi, e quindi ha più probabilità di riuscire a r-esistere rispetto a un partito politico; in altre parole, perseguire oggi, nel contesto che ti ho descritto prima, la causa del socialismo democratico con un partito politico mi pare sia fare il passo più lungo della gamba, mentre scrivere mi sembra decisamente, e paradossalmente, più alla portata.
Quindi, si può dire che il motivo per cui io ho continuato a scrivere sia opposto al motivo per cui tu hai smesso… Oltre al fatto che mi pare più divertente. Ma probabilmente il mio è solo bieco disimpegno, che sto ammantando di belle parole e costrutti teorici da quattro soldi. E spero che presto deciderai finalmente di disimpegnarti anche tu, così si torna a scrivere insieme, che è ancora più divertente.
Sto rileggendo questa intervista e mi pare sia diventata ben più lunga di quanto consiglino i guru della comunicazione digitale (non dovete impegnare i vostri lettori per più di un paio di minuti, dicono), e quindi mi soddisfa molto. La leggeranno tutta quanta in quattro o cinque, forse, però è bella, è venuta bene. Che dici, quindi? Ci fermiamo o andiamo avanti?
TR1: “Quosque tandem, Tersite, abutere patientia nostra?”, direbbe qualche colto lettore invaghito di Cicerone. Quindi meglio chiuderla qua. Credo che abbiamo finalmente fatto chiarezza su quello che è accaduto al nostro collettivo negli ultimi anni e su quello che accadrà a breve. Nell'attesa che Tersite torni alla scrittura, o che Rossi si arruoli nel partito, o che entrambi proseguano su strade parallele. Comunque vada, vale la pena darci un'occhiata. Sia mai che per una volta l’imbrocchiamo davvero!
Io aspetto che Tersite torni a scrivere, perché delle sue storie c'è un gran bisogno. Per quanto riguarda la prova da solista non posso dire niente, ma ...
Sorpresa per questa separazione. Curiosa circa la prova solista e speranza che Tersite Rossi torni a scrivere.