La lepre era lì, davanti a loro, rassegnata. Probabilmente erano ore, se non giorni, che era caduta in trappola. Doveva essersi dibattuta come un’ossessa. Quando i due si avvicinarono, si rianimò di colpo e tentò di scappare, ma non ci riuscì: il laccio la teneva ben stretta.
- Vuoi fare tu? - chiese il padre al figlio.
Quello scosse il capo. Non era ancora pronto.
Allora l’uomo si avvicinò alla lepre, l’afferrò per le zampe posteriori e, con la pietra stretta nell’altra mano, la colpì forte in testa. Morì sul colpo.
- Babbo, lo sai che giorno è oggi?
Il padre si voltò a guardare il figlio. La lepre morta gli pesava sulle spalle. Al bivacco mancava un’ora buona e dovevano sbrigarsi se non volevano arrivare col buio.
- No, Giacomo - rispose senza rallentare il passo. - Che giorno è?
Da quando, all’inizio dell’estate, avevano lasciato la città e si erano ritirati a vivere lassù, tra le montagne, a milletrecento metri di quota, il figlio aveva continuato imperterrito a tenere il conto dei giorni, mentre lui già dopo le prime settimane non avrebbe più saputo dire con certezza che mese fosse. Era stato molto facile dimenticare il resto del mondo, in mezzo a quei boschi. Il vecchio bivacco si era rivelato un rifugio sicuro. Era poco frequentato già prima che la frana della primavera precedente si portasse via l’unico, impervio sentiero che vi giungeva. Ora più nessuno si avventurava da quelle parti. E nessuno, fino a quel momento, li aveva mai scoperti.
- È Natale.
L’uomo guardò il bambino, stupito.
- Natale? Ne sei sicuro?
- Sicurissimo.
L’uomo non replicò, assalito dai ricordi. Tornò con la mente all’anno prima, quando il virus ancora non era arrivato a distruggere le loro vite. Quello stupido litigio con Daniela. Al Natale mancavano un paio di settimane e lei, come ogni anno, voleva fare l’albero e i regali. Quella sera lui era tornato a casa di malumore, dopo una giornata pesante all’università, e se n’era uscito dicendo che era ora di finirla con quelle scemenze: cosa c’entravano loro, atei e sobri, con una festa religiosa diventata ormai solo un’orgia di acquisti? Era per Giacomo, aveva ribattuto lei, aveva pur sempre otto anni, aveva diritto di sognare, come loro alla sua età. Invece era grande abbastanza per smettere di crederci, aveva chiuso il discorso lui. E il bambino ci era rimasto malissimo quando, arrivato il momento di scartare i regali, aveva scoperto che quello del babbo non c’era.
Distolse lo sguardo dal figlio, vinto dal senso di colpa.
- Dai, muoviamoci - gli disse - o fa buio prima che arriviamo.
Dopo il Natale, ecco gennaio, ecco febbraio. Ecco il maledetto virus. E Daniela che, come tanti altri medici buttati in prima linea senza le minime difese, si era ammalata e non ce l’aveva fatta. La depressione gli era piombata addosso feroce, insieme al lockdown, lasciandolo senza nemmeno la forza di piangere. Intrappolato in casa con un figlio che non gli parlava più e che aveva smesso di giocare. Un’infanzia svanita all’istante, per sempre.
Inciampò su un ramo e per poco non rovinò a terra.
- Babbo, tutto bene? - gli chiese il figlio alle sue spalle.
Ansimando riacquistò l’equilibrio, ingoiò un grumo di saliva, gli rispose che era tutto a posto e tornò sulla giostra dei ricordi.
Finito il lockdown, ecco l’idea salvifica. Scappare su in montagna con il figlio, a vivere come quei cacciatori-raccoglitori di cui lui, paleontologo di fama, da vent’anni si occupava all’università, senza tuttavia aver mai dimenticato le lezioni che il nonno boscaiolo gli aveva impartito quando era ragazzo: fare la legna, raccogliere funghi, costruire una trappola per lepri, sparare a un capriolo, riparare un tetto, e tutto quello che stava permettendo loro di sopravvivere lontani dalla civiltà.
In quell’attimo il figlio scattò in avanti e lo superò.
- Arrivo prima io! - gli disse voltandosi a guardarlo. Gli sorrise, poi riprese la marcia spedito, quasi di corsa.
L’aveva presa bene, Giacomo, quella fuga. Il rapporto tra loro era tornato solido come una volta. Esistevano l’uno per l’altro, adesso. Ogni tanto, però, si chiedeva quanto potesse durare. I funghi, la cacciagione, le scatolette che si erano portati dietro in quantità, sarebbero bastati a sfamarli durante l’inverno? Forse sì. Ma c’era altro, a tormentarlo. Forse Giacomo si sarebbe stancato. Avrebbe sentito la mancanza di casa, della scuola, degli amici. O forse no. Forse il problema sarebbero stati gli altri. Li avrebbero scoperti, prima o poi. Magari gli avrebbero tolto Giacomo. E lui cosa avrebbe fatto, a quel punto, completamente solo e senza più un lavoro? Forse quella fuga era stata un grosso sbaglio. Uno dei tanti.
- Dai, babbo, muoviti! - gli gridò il figlio, ormai un centinaio di metri più avanti.
E lui allungò deciso il passo, come a volersi lasciare alle spalle, insieme al sentiero, anche quei pensieri cupi.
Giunti al bivacco, avevano lavorato di squadra, con rapidità: lui si era occupato della lepre, mentre il figlio aveva pensato al fuoco. Adesso vi sedevano davanti, a scaldarsi, mentre fuori il sole tramontava e la temperatura iniziava a precipitare sotto lo zero. Nella vita di prima, quella era l’ora in cui di solito, a Natale, si scambiavano i regali.
L’uomo infilò una mano in tasca, ne trasse fuori una piccola pietra e l’allungò al figlio.
- Tieni, è per te - gli disse.
Il bambino osservò rapito la pietra, il suo colore verde acqua così luccicante.
- Cos’è? - chiese al padre.
- Si chiama celadonite, ma qui l’hanno sempre chiamata terra verde. È un minerale che cavavano da queste parti fino a qualche decennio fa. Lo usavano per ricavarci un verde che i pittori apprezzavano molto per la sua brillantezza.
- È bellissima.
- L’avevo regalata alla mamma, molto tempo fa. E adesso la regalo a te. Buon Natale.
Il bambino aveva gli occhi lucidi.
- Grazie, babbo - gli disse, prima di buttargli le braccia al collo.
Si aggrapparono forte l’un l’altro, in modo disperato. Infine il bambino si staccò e tornò a sedersi.
- Pensavo che non ci credessi - disse al padre.
- A cosa?
- Al Natale.
L’uomo non rispose.
- Non ci credevo nemmeno io, sai? - aggiunse il bambino.
Il padre lo guardò interrogativo e lui gli sorrise.
- Lo facevo per la mamma - spiegò. - Le piaceva così tanto, il Natale...
Rimasero in silenzio.
Fu il padre, stavolta, ad abbracciare il figlio. Rimasero stretti a lungo, mentre le lacrime scendevano a rigare le guance di entrambi.
Fuori il vento iniziò a fischiare.
Ancora qualche minuto e l’oscurità avrebbe ingoiato ogni cosa.
Veramente bello! Una fuga dal caos per trovarsi in un paradiso. Complimenti
A me è piaciuta molto questa fuga in montagna..attraverso i ricordi aver recuperato un rapporto doloroso.Molto bello.