Prima puntata di tre
- La spesa domani è meglio che la lasci di sotto, in cantina.
- E perché?
- Perché dicono che il virus può sopravvivere sulle cose fino a 24 ore.
- E secondo te dovremmo lasciare la spesa di sotto per 24 ore?
- Sì.
- E i prodotti da frigo?
- Di sotto è fresco.
- Ma mi servono!
- Non dire stronzate. Con la roba che abbiamo in casa potremmo tirare avanti una settimana. Di quella che compri domani potrai ben fare a meno per altre 24 ore.
Paola mi guardò di traverso per qualche secondo, poi tornò a parlare.
- Della spesa mi occupo io e decido io cosa fare.
Anch’io la guardai storto.
- Della mia salute, però, mi occupo io, e non voglio che porti su quella cazzo di spesa prima di 24 ore.
- Non dirmi cosa devo fare!
- Te lo dico eccome!
- Disinfetterò la roba prima di metterla via!
Esasperato, le risposi urlando, stavolta.
- Ma cosa cazzo vuoi disinfettare? Risparmialo, il disinfettante! E poi lo sai che sei maldestra. Per disinfettare quella roba, saresti capace d’infettare mezza casa!
Lei cambiò espressione, si fece viola di rabbia. La bufera era in arrivo.
- Come ti permetti di giudicarmi! Sono stufa delle tue critiche. Stufa! Non ho più nessuna intenzione di sopportarle!
- Ah sì?
- Sì! Da quando è iniziata questa quarantena, non fai altro che criticarmi!
- Non è vero, lo facevo anche prima.
Lei si alzò in piedi, paonazza.
- Devi piantarla! Non sopporterò la tua arroganza un giorno di più!
- Non è arroganza, è libero pensiero!
- E allora ti proibisco il libero pensiero!
- Ah sì?
- Sì!
- Mi censuri? Censuri me?
- Sì!
- Allora vaffanculo!
Scattò al piano di sopra. Vi rimase per una buona mezzora, mentre io continuai a leggere il mio libro, in poltrona.
Ridiscese le scale con una valigia in mano.
- Me ne vado.
Io la guardai attonito.
- Ma dove cazzo vai?
- Torno da mia madre.
- Adesso? Ma sei scema? Vuoi beccarti una multa? Stanno fermando gente di continuo. Un litigio col marito non è un valido motivo per uscire di casa. Fanno multe fino a tremila euro.
- Meglio rischiare una multa che stare qui con te un giorno di più!
Così dicendo, Paola sbatté la porta alle sue spalle e se ne andò.
E io, Michele Rondolini, il più affermato scrittore italiano di romanzi e racconti pulp, rimasi solo. Solo nella grande villa ereditata dai miei genitori.
Mi guardai attorno. Apprezzai il silenzio. E mi rimisi a leggere.
Se non ce la rimandavano gli sbirri nel giro di mezzora, Paola sarebbe tornata a casa entro un paio di giorni. Massimo una settimana.
Antonio non riusciva a smettere di fissare tutti quei panetti di fumo, sul tavolo della cucina. In tutto venti. Duecentocinquanta grammi l’uno. Cinque chili. Un marocchino di qualità superiore. L’aveva pagato solo 1.500 euro al chilo. E adesso avrebbe potuto piazzarlo tranquillamente, buono com’era, a dieci euro al grammo. La sua rete di clienti, in un anno, si era fatta parecchio larga. Avrebbe potuto spacciarlo tutto nel giro di altri sei mesi. E poi mollare ogni cosa, e con quei quarantamila euro di guadagno netto andarsene a Santo Domingo, ad aprire un bar sulla spiaggia. Basta pezze al culo. Basta illegalità. Solo mare, sole e donne. Donne bellissime. Il sogno di una vita.
Solo che all’improvviso era arrivato quel cazzo di virus cinese, a rovinargli i piani. Cinesi di merda. Gli erano sempre stati sui coglioni. Fosse rimasto solo da loro, in Cina, a levarne dalle palle qualche bel migliaio, quel virus sarebbe stato una benedizione. Ma invece no. Era arrivato anche in Italia. E proprio dopo che i politici rotti in culo avevano ripetuto, per un mese, che si poteva stare tranquilli, che no, qui da noi non sarebbe mica arrivato. Un bel cazzo. Era arrivato, e nel giro di due settimane si era diffuso ovunque. E così, da un giorno all’altro, avevano creato quella fottuta zona rossa, imposto quella merda di quarantena. Bisogna restare a casa, dicevano di continuo. Grazie al cazzo. Se restava a casa, come li spacciava, lui, cinque chili di fumo?
Gli erano arrivati esattamente il giorno prima che la zona rossa venisse creata. L’avevano approvato di notte, quel cazzo di decreto. Si era svegliato, e di colpo non poteva più uscire di casa se non per fare la spesa. O andare a lavorare. E lui da lavorare ne avrebbe avuto per mesi, giorno e notte. Solo che, sul fottuto modulo di autodichiarazione da mostrare agli sbirri per giustificare le sue uscite di casa, mica poteva scriverci spaccio di droga.
Prese il panetto già intaccato, ormai quasi dimezzato. Grattò via un po’ di fumo, scaldò, rollò una canna e l’accese. Dopo la prima boccata, già si sentì meno nervoso. Chiuso in casa da una settimana, stava fumando quantità enormi di quel marocchino eccellente. Se quella cazzo di quarantena non finiva, e non pareva proprio che dovesse finire a breve, se lo sarebbe fumato tutto lui.
E sarebbero stati cazzi acidissimi. Dei settemilacinquecento euro che doveva ai fornitori, quattromila li aveva pagati subito, alla consegna. Per gli altri tremilacinquecento gli avevano fatto credito. In un anno di affari, avevano imparato a fidarsi di Antonio Lupoli, mai un ritardo nel saldare un solo, fottuto debito. Gli avevano dato un mese di tempo. Gli restavano solo tre settimane. Era gente cattiva, quella. Se non pagava, gli avrebbero fatto male. Molto male.
Antonio tirò un’altra boccata, lunga. Ma stavolta non si sentì affatto meglio.
Il ragazzo di Claudia arrivò all’orgasmo con una specie di barrito. Un verso bestiale, che a Linda diede terribilmente sui nervi. Aveva capito, Linda, che quello stronzo si eccitava come un toro a sapere che lei era lì, sul divano, ad ascoltarli scopare. Lui e Claudia, in quella che era anche la camera da letto di Linda, scopavano come ricci da ormai una settimana, da quando il governo aveva creato la zona rossa ed era iniziata quella maledetta quarantena. Che li aveva sorpresi e congelati così, in tre, dentro a quell’angusto bilocale. Lei, Linda, la studentessa al quarto anno di economia che ufficialmente lo aveva in affitto. Claudia, la studentessa al terzo anno di lettere cui Linda lo aveva subaffittato di nascosto. E lui, Mario, il ragazzo di Claudia, il sedicente libero professionista, in realtà un misero disoccupato, che un sabato sì e uno no dormiva da loro, quando a casa di lui, un monolocale che divideva con un muratore rumeno, toccava al muratore rumeno passare il sabato con la propria donna.
I sabati di Mario, Linda normalmente tagliava la corda e tornava in paese, dai genitori. Non l’ultimo sabato, però, quando, per una disgraziata coincidenza, era rimasta in città per via di un compleanno cui l’avevano invitata certi amici. Così, la notte che il governo aveva istituito la zona rossa lei l’aveva passata sul divano, mentre di là Claudia e Mario ci avevano dato dentro per ore, impedendole di chiudere occhio.
Quando, la mattina dopo, avevano scoperto che nessuno avrebbe più potuto uscire di casa se non per fare spesa o per lavoro, Linda aveva guardato Mario e gli aveva detto che era meglio se anche lui tornava subito alla sua, di casa. Quello, grugnendo il suo disappunto, aveva telefonato al rumeno per avvisarlo che sarebbe rientrato prima. Solo che la donna del rumeno, quella mattina, si era svegliata con la febbre a trentanove. Era meglio, aveva detto il rumeno a Mario, che per precauzione se ne stesse dov’era. Mario, per nulla turbato, aveva messo giù il telefono e aveva spiegato la situazione a Claudia e a Linda. Mica voleva mandarlo a beccarsi il virus, aveva domandato la prima alla seconda. Ce lo avrebbe voluto mandare sì, Linda. Ma non poteva pretendere che Claudia fosse d’accordo. Così aveva accettato suo malgrado la situazione, sperando fosse questione di qualche giorno al massimo. Ma nel frattempo anche il rumeno si era ammalato. Lui e la sua donna erano diventati dei sospetti contagiati. E quindi Mario non poteva che restarsene ancora da loro, a tempo indeterminato.
Quella dannata quarantena durava solo da una settimana, ma Linda stava già impazzendo. Il problema maggiore non era il frastuono che Claudia e Mario facevano scopando. E nemmeno, di per sé, l’invadente presenza di quell’uomo rozzo in quel buco di appartamento. Il problema maggiore era che Linda non poteva più lavorare. Ovvero ricevere i clienti in casa. Perché, sul modulo per l’autocertificazione, loro, i clienti, mica potevano scriverci andare a puttane.
I patti con Claudia, quando le aveva subaffittato l’appartamento, erano stati chiari. Linda le aveva detto che per tirare su qualche soldo (ben più di qualche soldo, a dire il vero), ogni tanto (ben più di ogni tanto, a dire il vero) sarebbe entrato in casa qualche uomo. Lei, Claudia, non aveva battuto ciglio e le aveva detto che le andava bene, che non c’erano problemi. Linda aveva aggiunto che il letto su cui si sarebbe scopata i clienti era ovviamente l’unico letto di tutta la casa, quello su cui anche Claudia avrebbe dormito. Nemmeno a quel punto Claudia aveva avuto da ridire. Anzi, quando aveva saputo quali erano le tariffe di Linda, le aveva chiesto se poteva essere coinvolta anche lei, qualche volta, in qualche gioco a tre.
I clienti Linda se li procurava online. Ne arrivavano almeno tre a settimana, ma a volte anche il doppio. Duecento euro a botta. Cinquecento quando era coinvolta anche Claudia. Era ormai un anno che Linda incassava una media di circa tremila euro al mese. Metà se n’era andato tra tasse universitarie, affitto e spese varie. L’altra metà aveva alimentato il fondo destinato a finanziare il suo sogno. Entro la fine dell’anno si sarebbe laureata. Le restavano perciò pochi mesi per mettere via il denaro, diecimila euro, che ancora le mancava per potersi iscrivere, l’anno successivo, a quel costosissimo corso di specializzazione in Svizzera, che avrebbe garantito anche a lei, nonostante fosse solo la figlia di un portalettere e di un’operaia, un futuro nel mondo della grande finanza internazionale.
Era tutto programmato alla perfezione, e tutto era filato liscio fino a quando era arrivato quel cazzo di virus. Adesso, chiusa in casa senza poter più ricevere clienti, Linda rischiava seriamente di arrivare alla laurea senza il denaro necessario. Così avrebbe perso un anno, che a quel livello significava perdere il treno per sempre.
Sospirò forte, proprio mentre di là Claudia e Mario riprendevano a scopare.
Fine della prima puntata
La seconda verrà pubblicata il 26 luglio 2022