Le presentazioni impossibili - Urlando ai compagni e a nessuno
Una storia che sa di amplificazioni difettose e brindisi al sol dell'avvenire
Si torna a presentare dai compagni. La volta prima, col primo romanzo, era andata molto bene. Ci aveva presentati lo stesso segretario regionale, persona squisita, che ci aveva pure ottimamente recensiti sul quotidiano nazionale d’area, che nel frattempo ha chiuso i battenti. Era il 2010 e ora è il 2017. L’area già non se la passava granché allora, e questi sette anni si sono abbattuti come una mannaia su quello che ne restava. Però laggiù, nel cuore della terra più rossa d’Italia, si resiste ancora, e le feste estive continuano ad avere un giro consistente di militanti e simpatizzanti. Quindi, benché restii per natura a finire sotto qualsivoglia bandiera o etichetta, con loro facciamo un’eccezione, prendiamo il treno e partiamo.
In stazione vengono a prenderci due giovani e facciamo due chiacchiere con loro, durante il tragitto in auto fino alla sede della festa. Ci danno la conferma che l’aria non è buona, va sempre peggio, da tutti i punti di vista. Anche quello delle casse, tanto è vero che l’altra volta ci avevano alloggiati in albergo, stavolta andremo a casa di una compagna. Poco male davvero, anzi: a noi piace di più così. L’importante, diciamo ai due, è poter dialogare coi compagni, parlare assieme di questo nostro terzo romanzo che affronta di petto le storture del capitalismo finanziario: chi meglio di loro potrebbe capirlo e accoglierlo?
Arriviamo che la festa deve ancora iniziare. Fremono i preparativi: stasera, sabato sera, c’è la cena tutti insieme, dopo la presentazione. Il segretario ancora non c’è, ci presenterà lui anche stavolta. Nell’attesa, gironzoliamo tra i banchetti della libreria della festa, imbattendoci in titoli che non si trovano facilmente nelle librerie “normali”. Inevitabilmente, l’occhio cade sulla copertina del nostro romanzo, e altrettanto inevitabilmente a uno dei due viene istintivo osservare che, per essere il libro da presentare stasera, mica è così in vista... E le copie poi son pochine... Senti, ribatte l’altro, non facciamo le star, siamo tra compagni, siamo tutti uguali, anche i libri. Hai ragione, che scemo, giusto così.
Finalmente il segretario arriva. Abbracci, pacche sulle spalle, come state, ti troviamo bene. Nel mentre, la festa inizia a entrare nel vivo. Parecchio nel vivo. Il segretario saluta tutti e a un certo punto lo perdiamo di vista. Arriva davvero un sacco di gente, decine e decine di persone. Si siedono ai tavoli, ben presto il chiacchiericcio si fa potente. Vecchio, ma noi dove si presenta? Non lo so, vedo tre sedie laggiù, evidentemente la gente ascolterà dai tavoli, e noi forse ci mettono lì, al cospetto di tutti. Cazzo, bello, ma ci vorrà una buona amplificazione, dalle ultime tavolate saranno una cinquantina di metri... Ci avranno pensato, tranquillo, non stare sempre a preoccuparti di tutto...
I tavoli sono ormai quasi tutti occupati, e ci accorgiamo che qualcuno sta già ordinando da bere e pure da mangiare. Vino rosso, polenta e salsiccia, come da immarcescibile tradizione. Il segretario, però, non riappare. Ci guardiamo attorno, la presentazione doveva iniziare venti minuti prima. Che strano... Ancora a preoccuparti? Guarda quanta gente, saranno più di cento persone, mica ci succede spesso di parlare a platee così numerose, goditi la situazione, e vedrai che il segretario fra poco arriva. E infatti eccolo. Ragazzi, iniziamo? Iniziamo.
Prendiamo posto proprio dove avevamo ipotizzato. Accanto alle tre sedie, c’è un tavolino con le copie del libro. Sono poche, in effetti. Se vuole comprarlo anche solo un decimo dei presenti, non saranno sufficienti. Basta preoccuparsi, ne avranno da parte altre, no? Certo.
Ci sediamo. Il frastuono ai tavoli non accenna a diminuire. Il microfono c’è, per fortuna. Il segretario lo afferra e inizia a parlare. Benvenuti, eccetera. Nessuno si gira. L’amplificazione non vale niente e la sua voce non arriva o, in ogni caso, se arriva, nessuno lo caga. Tutti ai tavoli continuano a chiacchierare fra loro, a bere e a mangiare, e solo quelli dei tavoli più vicini si voltano verso di noi. Ma si voltano come chi si sta chiedendo chi cazzo siano quei due imbecilli seduti vicino al segretario, e per quale ragione il segretario stia rompendo i coglioni a loro che vogliono solo chiacchierare, bere e mangiare.
Ci guardiamo attoniti, poi guardiamo il segretario, che però non guarda noi. Continua a parlare del nostro romanzo come nulla fosse, concitato come se ad ascoltarlo ci fosse una folla attenta e tutt’orecchi. Ma in realtà nemmeno noi riusciamo a sentire bene quello che dice. Prova quindi ad alzare la voce, con l’unico effetto di distorcerla e renderla ulteriormente incomprensibile e fastidiosa. Poi, a un certo punto, sempre urlando, fa quello che entrambi speriamo con tutto il cuore che non abbia il coraggio di fare: anziché chiuderla il più velocemente possibile, senza prolungare ulteriormente quel grottesco calvario, ci fa una domanda e ci passa il microfono.
Travolti dall’assurdità della situazione, lo afferriamo e, senza avere scelta, prendiamo parte anche noi a quella farsa: rispondiamo urlando a gente che nemmeno ci guarda. Continuiamo così per una mezzora abbondante, devastante per il nostro morale, la nostra salute mentale e soprattutto le nostre orecchie, fino a quando, finalmente, il segretario decide di terminare, senza peraltro omettere di ringraziare tutti per l’attenzione.
Ci alziamo frastornati e ci allontaniamo lentamente dal tavolino con le copie del libro, senza nemmeno sognarci di pensare che qualcuno possa venire a comprarlo. Ci muoviamo in silenzio fra i tavoli, nel baccano più assoluto. Nessuno ci guarda, siamo come fantasmi. Vorremmo solo dimenticarci di essere scrittori e sederci pure noi con loro, a bere e a mangiare, per riuscire a socializzare, a far vedere che esistiamo, che siamo come loro, gente comune, brave persone. Compagni. Ma non c’è modo.
Il segretario ci ha prenotato un tavolo a parte e la serata la passiamo con lui, a parlare - anzi, urlare, perché i nostri uditi ormai fanno difetto - di libri, politica e altre cazzate. Alla fine, complice il vino, arriviamo persino a brindare al sol dell’avvenire. Sperando che, quando sorgerà, non trovi tutti quanti intenti a chiacchierare, bere e mangiare, fino ad aver voglia, pure lui, di dimenticarsi di essere il sole.
Ve le andate a cercare con il lumicino. Almeno vi siete gustati salsiccia con polenta e formaggio?