La luce accesa in cantina (1)
Una storia che sa di guasti elettrici e bottiglioni frantumati
Prima puntata di due
La prima volta fui certo di essere stato io. Entrai in cantina e vi trovai la luce accesa. Da quando mio padre era morto, dieci anni prima, in casa vivevo da solo, quindi soltanto io potevo essermi dimenticato di spegnerla. Dicono che lasciarsi le luci accese alle spalle sia un primo segno d’invecchiamento. A quarant’anni ormai compiuti, la cosa sarebbe stata anche plausibile. Del resto, mi ero sempre sentito vecchio, anche da giovane. Perciò non diedi grande importanza alla cosa. E sbagliai.
Oltre a qualche vecchia cianfrusaglia che non sapevo dove altro mettere, in cantina conservavo frutta, salumi, vino. Mi capitava così di scenderci con una certa frequenza. Passarono pochi giorni e ci tornai. Trovai di nuovo la luce accesa. Stavolta mi stupii. Due volte in pochi giorni, senza che mi fosse mai capitato prima, nemmeno una volta, mi parve alquanto singolare. Scossi la testa, perplesso. Presi quello che cercavo e mi riavviai. Una volta in cima alla scala, spensi la luce. Mi sincerai del risultato fissando per un attimo l’oscurità sotto di me. Poi aprii la porta e uscii.
La terza volta mi allarmai. Accadde alcuni giorni dopo. Aprii la porta e la luce della cantina era accesa. Non era possibile, mi dissi. Stavolta io non c’entravo nulla, ne ero certo. Pigiai più volte l’interruttore. Spento. Acceso. Spento. Acceso. Funzionava, non aveva alcun problema. Diedi un’occhiata alla lampadina. La luce non sfarfallava, né tremolava. Provai a vedere se era ben avvitata: lo era. Per non sbagliare, comunque, la svitai e la riavvitai, fino in fondo. Sempre più perplesso, presi ciò che mi serviva, spensi la luce e uscii.
Quella sera, prima di andare a letto, passai di fianco alla porta della cantina. Mi fermai e la fissai. D’istinto, pensai di aprire e controllare che la luce fosse spenta. Poi però cambiai idea. Ebbi paura. Anche se preferii raccontarmi che ero stanco, che era tardi e che non era il momento di mettersi a giocare con gli interruttori. Avrei verificato l’indomani. Salii al piano di sopra, m’infilai a letto e mi addormentai.
L’indomani la luce era accesa. Appena ne vidi il bagliore, laggiù in fondo alla scala, cacciai una specie di urlo trattenuto, chiusi la porta di scatto e uscii precipitosamente di casa, diretto al parco pubblico dov’ero solito trascorrere le mie giornate da disoccupato, mantenuto dalla pensione di reversibilità di mio padre.
Passai tutta la mattina a cercare una spiegazione.
Ovviamente, scartai subito la prima ipotesi che mi era venuta in mente. Mi rifiutai categoricamente di pensare che là sotto potesse esserci lui. Era un’idea folle, e io folle non lo ero più: così avevano dichiarato i dottori. Ero uscito dall’ospedale psichiatrico ormai due anni prima, perfettamente guarito. Avevo una vita che di certo non poteva definirsi “normale” - troppo solitaria per esserlo - ma era comunque una vita condotta in autonomia, senza più bisogno, ormai, nemmeno degli psicofarmaci.
Formulai altre tre ipotesi. Erano tutte poco probabili, ma non ne vidi altre.
La prima, e meno preoccupante, era che vi fosse un guasto di qualche strano genere all’impianto elettrico, che portava la luce ad accendersi senza che nessuno toccasse l’interruttore.
La seconda, più preoccupante, era che io fossi tornato a soffrire di sonnambulismo dopo anni, e in modo più acuto di prima, perché, se l’ipotesi era corretta, significava che, quando mi muovevo da sonnambulo, non mi limitavo a girovagare per la stanza da letto, come facevo un tempo, ma addirittura scendevo un piano di scale, andavo ad accendere la luce in cantina e poi risalivo.
La terza ipotesi, ancora più preoccupante, era che qualcuno, un ladro, s’introducesse in casa mia, nella mia cantina. La cosa, nei fatti, era possibile. La cantina, in cima alla parete, era dotata di una bocca di lupo che dava sulla strada. A ostruirla c’era solo una vecchia grata, che poteva essere facilmente rimossa. Era una bocca di lupo piuttosto larga e, a quel punto, al ladro sarebbe bastato calarsi con una corda per scendere, arraffare ciò che gli interessava arraffare, infilare il maltolto dentro uno zaino, metterselo in spalla, risalire, uscire in strada, risistemare la grata e andarsene. Evidentemente, la cosa non aveva alcun senso: chi avrebbe rischiato di farsi incriminare per trafugare la miseria di qualche salame o qualche bottiglia di vino? Solo un pazzo, mi dissi.
Decisi di agire con metodo e rapidità. Mi resi conto che i miei nervi cominciavano a risentire di quella situazione e non potevo permettermi di stressarli oltremodo, altrimenti le conseguenze avrebbero potuto essere gravi. Molto gravi.
Cominciai dalla prima ipotesi. Chiamai un elettricista. Dopo un accurato controllo dell’intero impianto elettrico, mi disse che era tutto a posto, che non c’era alcuna anomalia. Aggiunse che l’interruttore in cantina era molto antico, ma funzionava perfettamente, perché una volta le cose le facevano bene. Io non potei che concordare e, dopo averlo pagato, lo congedai.
La mattina dopo mi affacciai cantina e vi trovai ancora la luce accesa. La spensi e sbattei con violenza la porta dietro di me. Quanto mai frustrato, passai a concentrarmi sulla seconda ipotesi.
Quella notte, prima di addormentarmi, mi chiusi a chiave in camera da letto e misi la chiave in cima all’armadio: nessuna forma di sonnambulismo, per quanto acuta, avrebbe potuto permettermi di uscire da quella stanza addormentato. La mattina dopo mi svegliai e, con mia grande soddisfazione, trovai la porta della camera chiusa e la chiave dove l’avevo lasciata. Aprii e mi precipitai in cantina. La luce era accesa. Urlai. Di rabbia e di paura. Anche stavolta lasciai la casa di corsa, perché ormai cominciavo a provarvi un disagio acuto, insopportabile.
Non restava che il ladro. E, a quel punto, paradossalmente sperai che esistesse davvero. Altrimenti voleva dire che... Rabbrividii e scacciai quel pensiero. Pensai invece a come impedirgli di entrare in cantina. Chiamai un muratore e gli chiesi di sistemare la grata in modo tale che non potesse più rimuoverla nessuno, se non lasciando evidenti tracce di scasso. Il muratore fece un ottimo lavoro. “Questa adesso la butti giù solo a picconate”, mi disse. Lo ringraziai, lo pagai e lo congedai.
La mattina dopo aprii la porta della cantina e vi trovai la luce accesa. Trasalii. Scesi le scale di corsa, col cuore che batteva impazzito, per andare a verificare in che condizioni fosse la grata. Sperai con tutto me stesso di trovare i segni di uno scasso. Invece la grata era lì, perfettamente montata, solida, impenetrabile, identica a come l’aveva lasciata il muratore.
Caddi a terra in ginocchio, pallido come un morto, e mi misi a piangere.
Ormai non c’erano più dubbi.
Lui era tornato.
Fine della prima puntata
La seconda verrà pubblicata il 12 febbraio 2022
Ho visualizzato la cantina e la bocca di lupo, ho pensato a quel posto che ha visto l'epoca primi '900, se la vedeste, con botola apribile con carrucola e antro sotterraneo, vi potrebbe suggerire altro ancora?
sì però non piangere troppo, cerca piuttosto a darci la prossima puntata <3