"In guerra" di Stéphane Brizé (2018)
Un film dentro la lotta di classe che ti fa sentire lì, in prima linea di fianco ai lavoratori
Nonostante i profitti da record e i pesanti sacrifici fatti dai dipendenti, la direzione delle aziende Perrin decide di chiudere uno stabilimento. I 1.100 dipendenti, guidati dal loro portavoce, decidono di opporsi a questa decisione sperando di salvare il loro posto di lavoro.
Perché vederlo
Perché non è un film sulla lotta di classe, è un film dentro la lotta di classe. Perché la telecamera di Brizé bracca i lavoratori con primi piani claustrofobici che riescono a farti sentire proprio lì, in guerra al loro fianco, una guerra contro padroni di cui la stessa telecamera mostra altrettanto da vicino le facce di cera, tutte uguali, tutte finte, tutte ipocrite, fin dentro le palle di occhi vitrei come la loro avidità insaziabile. Perché chi lotta magari perde, ma chi non lotta ha già perso, come si legge nella citazione di Bertolt Brecht in apertura del film. Perché i lavoratori alla fine perdono, e va bene così, altrimenti sarebbe stato un fantasy. E perché si capisce chiaramente il motivo per cui perdono: anche i padroni litigano fra loro, osserva il sindacalista protagonista (un superlativo Vincent Lindon), ma quando si tratta di difendere i loro interessi tornano sempre uniti, mentre i lavoratori no: ci sono i crumiri, ci sono quelli che mollano, ci sono quelli, per citare di nuovo il protagonista, coi quali i padroni dormiranno sempre sonni tranquilli. Perché c’è un incipit meraviglioso, che è la traduzione per immagini del concetto di “guerra verbale”. E un finale ancora più sconvolgente, che resterà impresso per sempre nella memoria di chi guarda.
Dove vederlo
Noleggiatelo sulle piattaforme streaming (tra cui MUBI, la piattaforma del cinema di qualità, dove lo abbiamo visto noi). Oppure acquistatelo su supporto fisico o prendetelo in prestito dalla vostra biblioteca.