Giovane, bella, buona, brava, cool
Una storia che sa di ruoli da recitare e riflettori sempre addosso
Lei era giovane.
Era bella.
Era buona.
Era brava.
Lei era cool.
- A che ora ci troviamo?
- Alle sette da Lucas.
- Perfetto.
- Sylvia?
- Sì.
- Stasera ci divertiamo.
- Certo.
- Ne hai bisogno.
- Lo so.
- A dopo.
- A dopo, Amalia. E grazie.
Sylvia posò lo smartphone sulla scrivania in legno d’abete e guardò fuori, la città, oltre le vetrate del suo grande ufficio. L’ufficio del Ministro Capo della Repubblica finlandese. Tre anni prima, a soli 34 anni, era diventata la donna premier più giovane che paese europeo avesse mai avuto. Un risultato enorme persino in Finlandia, per chi, come lei, era nata in una famiglia di modeste condizioni economiche, con un padre alcolista, e aveva dovuto lavorare da commessa per pagarsi gli studi. Per arrivare a quella laurea in scienze dell’amministrazione, con successiva specializzazione in management comunale e regionale, che le aveva aperto le porte del palazzo più importante, sotto l’egida storica e autorevole della socialdemocrazia finlandese. Una responsabilità che aveva accettato con orgoglio, anche se, ultimamente, le stava pesando, sempre di più. Non erano le dodici ore di lavoro al giorno, le decisioni delicate da prendere, le aspettative degli elettori, i pregiudizi verso una donna giovane, che esistevano pure in Finlandia, eccome se esistevano. E non era nemmeno il tempo rubato al marito e alla figlia. No, a pesarle erano i riflettori. Sempre puntati addosso. Era impossibile, con quelli, avere una vita privata. Era questo che le pesava. Sempre di più. Anche se era a quei riflettori che, in fondo, doveva tutto.
Per fortuna c’era Amalia. L’amica che non aveva mai smesso di starle accanto, fin dai tempi della scuola. L’amica che, quando c’era bisogno di lei, non mancava mai all’appello. L’amica che, stavolta, aveva organizzato quella festa a casa di Lucas, dove avrebbe rivisto tante facce del vecchio giro, che non vedeva da tanto, troppo tempo. E, per una sera, avrebbe potuto smettere i panni del Ministro Capo, smettere di sentirsi tenuta a fare bella figura, di dover essere all’altezza del ruolo. Per tornare a essere Sylvia, giovane donna di 37 anni, con tanta voglia di divertirsi.
- Ferma qui - disse Sylvia.
L’autista dell’auto blu arrestò la macchina nel parcheggio di un piccolo centro commerciale, a pochi chilometri dalla cittadina a nord della capitale dove si trovava la casa di Lucas.
Poco dopo un’altra auto, più piccola e meno elegante, arrivò al parcheggio. Alla guida c’era Amalia.
- Puoi tornare a Helsinki - disse Sylvia all’autista. - Da adesso mi sposto autonomamente. Ci rivediamo qui domani pomeriggio alle due.
L’autista fece un cenno d’assenso col capo e Sylvia scese dall’auto.
Anche Amalia, a quel punto, scese dalla sua.
- Sylvia!
- Amalia!
Le due amiche si abbracciarono, mentre l’auto blu lasciava il parcheggio a velocità moderata.
- Sei sempre più magra - disse Amalia.
- E tu sempre più bella - rispose Sylvia.
- Senti chi parla.
Sorrisero.
- Dai, andiamo - disse Amalia. - Sono già tutti da Lucas. Manchi solo tu.
- Sylvia, questa possiamo berla o la prendi a male?
Quella che al suo indirizzo stava brandendo Lucas, già parecchio alticcio a festa appena iniziata, era una bottiglia di vodka liscia Beluga di prima qualità. L’origine russa dell’alcolico giustificava la battuta provocatoria che l’amico le aveva appena rivolto. Era stata proprio lei, la premier più giovane di sempre, socialdemocratica di ferro a capo di un governo di centro-sinistra, più sinistra che centro, ad aver deciso la svolta storica di pochi mesi prima, ponendo fine all’ultradecennale neutralità militare della Finlandia e presentando richiesta formale di adesione alla NATO. “Dopo aver invaso l’Ucraina”, aveva dichiarato Sylvia, “la Russia è cambiata e noi dobbiamo pensare alla nostra sicurezza”.
- L’hai comprata prima delle sanzioni, immagino… - rispose a Lucas. La vodka era uno dei prodotti russi che l’Unione Europea aveva sottoposto a sanzioni, sospendendone l’importazione. Con grande disappunto dei tanti che in Finlandia continuavano a preferirla a quella autoctona.
- Ovvio - disse Lucas. - Mi prendi per un pirata?
- E allora - disse Sylvia, divertita - mica si può buttarla via: cosa aspetti a stapparla?
A quel punto, mentre l’amico, esultante, iniziava a versare il liquido trasparente nei bicchieri di tutti, Sylvia cercò lo sguardo di Amalia e fu felice di coglierlo sorridente. Proprio la decisione di portare la Finlandia nella NATO aveva rischiato di incrinare la loro amicizia, che pure era sopravvissuta a tutte le loro divergenze politiche.
Da sempre Amalia frequentava gli ambienti della sinistra extraparlamentare, i cui militanti nei mesi precedenti erano scesi in piazza più volte per protestare contro l’abbandono della neutralità militare e l’invio delle armi all’Ucraina, dando della traditrice a lei, la premier che, a loro dire, fingeva di essere di sinistra ma in realtà era un’utile idiota, un fantoccio che faceva il gioco degli imperialisti americani e dei banchieri europei. Accuse che Sylvia aveva respinto al mittente, dicendo che, al contrario, faceva solo l’interesse dei finlandesi e della loro sicurezza. Il diverbio con Amalia, scaturito da quegli avvenimenti, era stato acceso. L’amica le aveva rinfacciato di essersi imborghesita, di aver dimenticato le sue origini, i tempi in cui, poco più che adolescenti, andavano insieme in piazza a protestare contro la globalizzazione del G8 e delle multinazionali, e a volantinare contro l’adesione della Finlandia all’Unione Europea. Finché non aveva tirato fuori persino quella vecchia storia. Finché non era ricomparso, dalle nebbie della memoria, il fantasma di Anton. Lo studente russo di cui entrambe, ormai quasi vent’anni prima, si erano perdutamente invaghite durante un’estate calda e infinita, di quelle in cui si poteva ancora sognare, con tutta la vita davanti e le speranze di cambiare il mondo ancora autentiche, ancora intatte. Anton alla fine aveva scelto lei, Sylvia. E non solo perché era più bella. Ma anche, e soprattutto, perché Sylvia, già allora, sapeva parlare meglio. Sapeva incantare meglio. “Stai facendo coi tuoi elettori” le aveva detto Amalia all’apice di quel loro recente diverbio “quello che già avevi fatto con lui allora: l’imbonitrice”.
A Sylvia quelle parole avevano fatto malissimo, perché sapeva che l’amica, in fondo, aveva ragione. Amalia era stata l’unica, tra tutti gli eunuchi che la circondavano, ad aver avuto il coraggio di dirle la verità. Sylvia sapeva che l’ingresso nella NATO era uno sbaglio, una mostruosità storica cui non aveva potuto opporsi perché, semplicemente, persino un Ministro Capo conta meno di zero, se a comandare sono i poteri forti che si trovano al di fuori dello Stato, lontano, dentro roccaforti inespugnabili che in quei tre anni Sylvia aveva frequentato e compreso alla perfezione, fino a vedere nitidamente il cappio che mettevano attorno al collo delle anime belle come lei. Ma non poteva ammetterlo, nemmeno con Amalia. Doveva continuare a fingere, perché aveva una carriera da portare avanti. Un ruolo da recitare. Se lo era scelto, e doveva andare fino in fondo. Senza mai scendere dal palcoscenico. Sotto i riflettori, sempre.
Per fortuna il legame tra lei e Amalia, troppo solido per dissolversi, aveva retto anche stavolta, così che adesso l’amica era lì, a sorriderle dopo aver organizzato quella festa proprio per lei, al solo scopo di distrarla e farla divertire. Al solo scopo di farla stare meglio. Da vera amica. La sola che, probabilmente, Sylvia avesse mai avuto.
- Brindiamo! - proruppe Amalia all’improvviso, senza smettere di guardarla e di sorriderle.
- A chi? - domandarono gli altri.
- A Sylvia! - rispose Amalia. - Alla più giovane premier della nostra storia!
Tutti levarono al cielo i bicchieri e brindarono chiassosi.
Altre bottiglie di Beluga vennero stappate. Altro alcol scorse copioso. La festa entrò nel vivo e Sylvia, pur non avendo esagerato nel bere, perché sapeva di reggere poco l’alcol, riuscì a dimenticare, per qualche ora, di essere il Ministro Capo. Di avere un ruolo da recitare. Di essere sotto i riflettori, sempre. Per una notte tornò a essere la ventenne spensierata di un tempo lontano. E iniziò a ballare. Ridendo, scherzando e facendo boccacce. Anche alla telecamera. Perché i riflettori, al cospetto di un Ministro Capo, non si spengono mai.
Sylvia Mattila scatenata a un party, ecco il video
Il Ministro Capo ripresa mentre balla a una festa privata, forse ubriaca. Il video diffuso da un sito di gossip. L’opposizione chiede le dimissioni: “Inadatta al ruolo”
Sylvia, nel suo ufficio, lesse quel flash di agenzia, giratole dal suo portavoce via whatsapp, e sbiancò.
Fece partire il video e vide se stessa ballare a casa di Lucas. Sembrava un’altra persona. Felice, come non era più e forse non sarebbe mai più stata.
Com’era accaduto? Chi aveva fatto arrivare quel filmato a quel sito?
Ricordava bene che a fare le riprese, col suo smartphone, era stata Amalia. Solo per quello aveva accettato di farsi riprendere. Non lo avrebbe fatto con nessun altro.
La chiamò immediatamente.
- Sylvia, stavo per chiamarti io...
- Amalia, cos’è successo?
- Non lo so. Sono distrutta. Forse qualcuno, durante la festa, mi ha preso lo smartphone e si è mandato i video che ti avevo fatto. E poi ha cancellato le tracce e ha girato tutto a quel sito.
- Ma chi, Amalia? E perché?
- Non lo so, Sylvia. Da Lucas ieri sera c’era parecchia gente. Non li conoscevo tutti. Sei il Ministro Capo, non una qualunque. Qualcuno che ti vuole male lo trovi sempre...
Sylvia chiuse gli occhi e si portò indice e pollice alle tempie. Pulsavano. Facevano male. La vodka bevuta alla festa continuava a presentare il conto anche dopo tutte quelle ore.
- Sylvia?
Silenzio.
- Sylvia, ci sei?
- Sì, scusa. Senti, adesso devo lasciarti. Devo sistemare questa faccenda e non sarà semplice. I media ci si sono buttati sopra come sciacalli.
- Quando vuoi, io sono qui - disse Amalia.
- Grazie.
Amalia posò lo smartphone sul tavolo di casa sua e guardò fuori, la città, oltre la finestra del suo appartamento. Un modesto bilocale di periferia, come si addiceva a una che i suoi valori non li aveva traditi. Mai. Preferendo piuttosto tradire un’amicizia.
Come sciacalli, aveva detto Sylvia. Già. Attirati dal loro unico interesse di sempre: fare audience. Come quando, tre anni prima, avevano deciso che era lei, Sylvia Mattila, il fenomeno più utile allo scopo. La donna premier più giovane della storia. Bella. Buona. Brava. Cool. Per mesi e mesi si erano cibati del suo bel faccino, del suo progressismo illuminato ma innocuo, delle sue capacità frutto di tanto studio e dedizione. Un monumento al merito, avevano eretto. E ora, dopo che pure quello aveva smesso di fare notizia, l’avrebbero buttato giù.
Sono le regole del gioco, cara Sylvia. Le regole cui hai scelto di sottostare, in cambio della tua onestà e dei tuoi valori. Le regole del palcoscenico e dei riflettori sempre addosso. E ora, pensò Amalia senza provare alcun senso di colpa, devi continuare a giocare. Fino in fondo.
Il racconto che avete appena letto è vagamente ispirato al caso mediatico che nell’agosto 2022 ha visto come protagonista Sanna Marin, all’epoca Ministro Capo della Repubblica finlandese. Ciò che non ha riscontro nei fatti realmente accaduti è frutto esclusivo della fantasia dell’autore.
Aderire alla NATO, che grande errore. L'ha pagato.
Ha pagato anche l'essere donna... Tutto il mondo è paese, il maschilismo c'è anche nel profondo nord europa presunto civilizzato...