"Auto da fé" di Elias Canetti (1935)
Un romanzo che fa collidere folli mondi interiori, mentre il mondo di fuori appare ancor più folle
Dei pazzi aveva un’idea semplice ed elementare: li definiva persone che fanno le cose più contraddittorie ma che usano le stesse parole per tutte le cose.
Da una parte un grande studioso, Kien, che disprezza i professori, ritiene superflui e sgradevoli i contatti col mondo e ama in fondo una cosa sola: i libri. Dall’altra la sua governante, Therese, che raccoglie in sé le più raffinate essenze della meschinità umana. “Auto da fé” racconta l’incrociarsi di queste due remote traiettorie e ciò che ne consegue – la minuziosa, feroce vendetta della vita su Kien, che aveva voluto eluderla con la stessa acribia con cui analizzava un testo antico (dalla quarta di copertina).
Perché leggerlo
Perché questo romanzo, l’unico di Canetti, messo al bando dai nazisti e rimasto per trent’anni misconosciuto, è fatto di assurdi mondi interiori, quelli dei protagonisti, che somigliano a monadi del tutto incapaci di comunicare. E da un mondo esteriore fisso nel suo perbenismo di cartapesta, nella sua presunta “normalità” che in realtà è la vera follia. Perché con questo romanzo, tragico e comico insieme, Canetti mette ferocemente alla berlina il razionalismo occidentale, incapace di evitare la follia del totalitarismo. “I libri valgono più dei pazzi”, dice a un certo punto il protagonista. Per “Auto da fé” è vero senz’altro.
Dove comprarlo
Su Bookdealer, la piattaforma delle librerie indipendenti, non c’è, ed è un peccato. Ordinatelo in una qualsiasi piccola libreria delle nostre città.
Lo lessi molti anni fa, bellissimo
Ancora attualissimo dopo un secolo, anzi forse di più