Prima puntata di due
M’ero ritrovato disoccupato e da qualche tempo passavo le giornate al bar.
Quel bar, né piccolo né grande, né bello né brutto, era sotto casa mia ed era un posto caldo. Quindi mi andava bene.
Entrai. Dentro c’erano quattro tizi in giacca e cravatta, in piedi davanti al bancone. E un paio di vecchi seduti al tavolo. Era l’ora della colazione e bevevano tutti il loro caffè, in silenzio.
Salutai il barista, presi posto al solito tavolo in fondo e ordinai anch’io un caffè.
Finii di berlo e mi misi a guardare fuori dalla vetrata.
Iniziò a piovere.
Entrarono due donne sulla quarantina. Si sedettero al tavolo vicino al mio. Ordinarono due caffè. Una prese a lamentarsi con l’altra dei professori troppo severi, alla scuola dove entrambe mandavano i figli. Probabilmente, pensai, parlavano della scuola lì vicino, girato l’angolo. Un’indecenza, rispose l’altra, figurarsi che ieri mio figlio è tornato a casa con tre note da tre professori diversi. Ma cosa pensano di fare, questi insegnanti: terrorismo? Andarono avanti ancora un po’ su quell’argomento, poi attaccarono a parlare del nuovo salone di bellezza che aveva aperto a due isolati da lì. S’accordarono per andarci insieme, quel pomeriggio. Poi si alzarono, pagarono e uscirono.
La pioggia disegnava righe sghembe sulla vetrata sporca del bar. Avrebbe piovuto tutto il giorno, a giudicare da come s’era messo. E io non avevo l’ombrello.
Il bar rimase senza avventori per una buona mezzora. Poi entrarono tre vecchi, a bere il loro caffè. Iniziarono a parlare di politica. Uno credeva ancora nel partito, l’altro non ci credeva più, il terzo non ci aveva mai creduto. Concordarono in ogni caso sul fatto che dalle prossime elezioni ci si doveva aspettare solo brutte notizie. Quindi ordinarono un giro di bianchi e cambiarono argomento, passando a parlare dell’Italia che non s’era qualificata ai mondiali di calcio. Concordarono che fosse una vergogna e un segno dei tempi, ma avevano idee diverse sul futuro: uno disse che quell’estate, senza l’Italia, non avrebbe nemmeno seguito la competizione, l’altro che l’avrebbe fatto ma con distacco, il terzo che avrebbe tifato Islanda. Gli piacevano gli outsider, spiegò. Alla fine anche quei tre vecchi se ne andarono.
Iniziai a sfogliare il giornale degli annunci economici. Non capii a cosa potesse servire essere automuniti per fare il saldatore. In ogni caso, fare il saldatore non m’interessava.
Fui distratto dall’ingresso chiassoso d’un gruppo di cinque ragazzi sui sedici, diciassette. Si sedettero e ordinarono delle birre. Il barista rispose che non poteva servire alcol ai minorenni. Loro protestarono e lui minacciò di sbatterli fuori. Alla fine si accontentarono di cinque coca-cola. Anche ai miei tempi s’andava al bar, pensai, quando si faceva fuga da scuola e pioveva. Non si era così scemi, però, da andare in un bar così vicino all’istituto. Poi mi dissi che lo scemo ero io, e che quei cinque non frequentavano certo la scuola dietro l’angolo, ma probabilmente una dall’altra parte della città. O forse in un’altra città.
Ascoltai i loro discorsi. Erano frammentati, gergali, gutturali. Parlavano d’una festa. Si sarebbe tenuta a casa di qualcuno, quel sabato sera. Non dovevano però fare la cazzata dell’altra volta, quando dopo mezzora erano già tutti sbronzi da stare male. E le ragazze schifate, a scopare poi con gli altri, quelli che avevano retto. Bisogna fermarsi alla birra e al vino, propose uno. Quattro birre da sessantasei e poi un litro di rosso, puntualizzò un altro. Col cazzo, ribatté un terzo. A lui i superalcolici piacevano e voleva tirarne giù finché gli andava. Così poi stai male subito, gli fecero notare. Non è vero, rispose lui, basta mangiarci dietro. Mangiare coi superalcolici è una cosa da alcolizzati, gli dissero. Io sono un alcolizzato, rispose quello. Risero. E provare a non bere proprio?, fu la proposta del quarto. Lo presero a insulti e a sberle. Se non bevi, non scopi, gli dissero. L’altra volta ho bevuto e non ho scopato, fece notare lui premendosi una mano sulla guancia arrossata. Tu non scoperesti né da sobrio né da sbronzo, gli disse uno, tu alle ragazze gli fai schifo. Fra i due vi fu un sonoro alterco. Il barista li minacciò nuovamente. Loro tornarono ad acquietarsi. Fu il quinto a fare la proposta vincente. Sentite, disse, facciamo così. Prima della festa ci troviamo a casa mia, tanto sabato i miei non ci sono. Lì facciamo il fondo con la birra e usciamo già pieni. Alla festa beviamo giusto un po’ di vino. E poi, belli carichi, attacchiamo gancio con le ragazze. Tutti concordarono con entusiasmo. Stavolta sì che scopiamo, si dissero convinti. Poi uno di loro si guardò attorno accigliato. In questo bar di merda, disse, non ci sono nemmeno i videogiochi. Gli altri quattro ne convennero schifati. Fu allora che decisero di andarsene.
Fine della prima puntata
La seconda verrà pubblicata il 16 ottobre 2021